giovedì 18 novembre 2010

Sono di nuovo con voi

L'auto procede e la città si avvicina. C'è molto di antico in questi colli arrotondati, lisci di muretti a secco. Parlano di Fenici, di Greci, di Romani, di uomini dagli occhi di carbone e di uomini dagli occhi azzurri venuti da lontano. E di tanti altri che qui hanno lasciato il segno. Sento tutti loro in me, a raccontarmi la storia: è un unisono di voci, di lingue incomprensibili e di significati universali che sanno di eterno abbraccio.
Lo sguardo spazia verso una pianura, quelle tante case, che si possono immaginare, e poi il mare; e di nuovo quella casa, e quella stanza dalle pareti dipinte, sacrificata alla modernità, ancora impregnata del sorriso e della gioia di una mamma, e dell'amore di tutte le mamme di questa terra madre. Il mio vagito si aggiunge a tutte le loro voci e adesso anch'io ne faccio parte, come da sempre, e sempre con voi sarò fino a che i ricordi vivranno nei ricordi.

domenica 7 novembre 2010

Non sono le 5 dell'orologio

I muri delle case hanno il decrepito colore della lava dell'Etna e di una eterna decadenza. Mi aggiro e mi perdo per le strade alla ricerca di direzioni dimenticate, fino a trovare la via che conduce alla memoria. Leggo le denominazioni di piazze e strade su targhe rinnovate, stupito per tutto il tempo trascorso. Non sono le 5 del mattino, ma è comunque difficile credere che sia mia l'immagine riflessa sulle vetrine dei negozi.

venerdì 5 novembre 2010

Ritorno nella mia cameretta

Mi aggiro straniero in una stanza vissuta. La scrivania è la stessa, alcuni libri sono al loro posto o forse sono stati spostati, ma li riconosco ad uno ad uno, minuto per minuto, anno dopo anno. Sono solo con tutto quello che vi ho passato, io sopravvissuto, io reduce dal fronte, incapace di provare dolore. Il tempo è un'onda fallace che inganna la memoria e solo lo specchio mi schiaffeggia la verità, se volessi ancora illudermi. Non so quale sia il passato o il presente e mi sorprendo per questi pensieri che sembrano ovvi. Sono arrivato ad un punto che mai avrei creduto, eppure io vecchio mi sembro nuovo e la mia mente si perde nel crogiolo dei dubbi. Mi rendo conto che le cose mi hanno vinto: sono sempre lì, immutabili -solo un po' più impolverate e scolorite-, ma guardano i capelli bianchi e la dissolvenza, quasi volessero sbeffeggiare la speranza e il sogno. Il mio orecchio corre fuori alla ricerca dei rumori di un tempo, ma quelli di ora hanno la stessa impalpabile consistenza.
Solo le lacrime, finalmente non trattenute, bagnano un cuscino che non è più il mio.

giovedì 4 novembre 2010

Volti tra la folla

Volti sconosciuti, volti noti di persone dimenticate. Ti aggiri tra una folla che cela immagini di un incontro, di un colloquio, lungo, breve, recente, antico; mentre la memoria è una tabula che viene rasa in superficie per celare ciò che è iscritto in profondità; affinchè vi si possa ancora incidere sopra. Ti sforzi di ricordare dove abbia visto quel viso; qualcosa ti rende certo che non appartenga ai remoti anfratti di un incoscio collettivo, ma ad un già vissuto che non vuole emergere all'esterno di una coscienza che aspira a nascondersi.
Il volto ti si fa incontro, ti sorride, ti stringe la mano e resti sorpreso mentre ti racconta grato di te e di quello che hai fatto per lui; ed è allora che la memoria dischiude i suoi messaggeri e tutto inizia a farsi più chiaro. Anche tu sorridi felice e stringi con calore quella mano tesa tra tante altre mani, che forse vorresti anche stringere per continuare a sentirti vivo. Questo è pure sale della vita.

mercoledì 3 novembre 2010

Norvegia sud occidentale in camper





NORVEGIA SUD-OCCIDENTALE IN CAMPER
(Nella terra di Odino pluvio)


Periodo: dal 4-7 al 26-7-09

Mezzo: Rimor Superbrig 688 TC del 2005, motorizzato Ford Transit 2500 cc, 136 CV, mansardato, lunghezza 7.13 metri.

Equipaggio: 1) Aldo: 47 anni, guidatore
2) Liliana: 42 anni, guidatrice, mamma, aiuto navigatore satellitare
3) Andrea: 7 anni, fotografo ufficiale
4) Sofia: 5 anni, parlona, domandaia
5) Il Commodoro: navigatore satellitare Garmin Street Pilot 2610


Premessa: un sogno è un sogno e forse la Norvegia lo è sempre stato, almeno da quando possediamo un camper, cioè dal 2003. Avevamo sempre rimandato, un pò per l'inesperienza, un pò per i tanti chilometri che sarebbe stato necessario percorrere, un pò per i bambini troppo piccoli per un viaggio così impegnativo. Ma quest'anno ci è sembrato che fosse arrivato il momento. Abbiamo tralasciato la meta impegnativa e mitica di Capo Nord e ci siamo limitati ad un itinerario “più breve”, nelle regioni sudoccidentali della Norvegia.
La preparazione dell'itinerario e il suo adattamento al periodo di ferie, che avremmo avuto a disposizione, ha richiesto diversi giorni dedicati alla documentazione: molti dei nomi dei luoghi che avremmo poi visitato erano già entrati nel nostro bagaglio mnemonico e, anche grazie a foto e descrizioni, ci erano diventati familiari, come se lo fossero stati da sempre; l'immaginazione, la fantasia e l'entusiasmo hanno anche avuto il loro ruolo, pur alla nostra veneranda età.
Per pianificare il viaggio ci siamo avvalsi delle guide turistiche sulla Norvegia della Lonely Planet e della Mondadori; di due mappe della Norvegia, scala 1:335.000, ordinate via Internet (www.freytagberndt.at), in quanto in Italia sono in commercio delle cartine molto meno dettagliate, come del resto la mappa della Danimarca Svezia e Norvegia in scala 1:800.000, edita dalla Touring Club ed anche in nostro possesso. Ma soprattutto siamo stati guidati da tanti altri camperisti che hanno messo a disposizione in rete i diari dei loro viaggi. Tra tutti ci corre l'obbligo di ringraziare, per quanto non siamo così fortunati da farlo di persona (“...di pirsona pirsonalmente” -per dirla con Camilleri), Andrea Campanelli, Paolo Pierini, Umberto Cavaggion; i loro diari -e le emozioni trasmesse tra le loro righe- ci hanno accompagnato durante tutto il nostro viaggio, sono stati strumento di consultazione e generosa fonte di preziosi e dettagliati consigli.
La preparazione del camper, sotto il profilo tecnico, ha richiesto l'impiego di risorse economiche per un'attenta revisione sia della parte meccanica che della parte abitativa, e per l'installazione di sospensioni ad aria posteriori ad assetto variabile, che mi sembravano1 soprattutto utili quando il nostro mezzo, dal lungo sbalzo posteriore e dalla limitata altezza dal suolo, sarebbe dovuto salire sui traghetti che ci avrebbero portati dalla Germania alla Danimarca, dalla Danimarca alla Svezia, da un fiordo all'altro. Tuttavia, con il senno del poi, le rampe di accesso ai traghetti, che avrebbero trasportato il nostro camper, sarebbero sempre state per lo più pianeggianti e comunque mai scoscese a tal punto da far temere di strisciare con le parti basse della sua scocca. Le suddette sospensioni non si sono comunque rivelate superflue: infatti il veicolo ci sarebbe poi sembrato più stabile, specie in caso di vento intenso.
Altro problema da risolvere prima della partenza è stato quello delle bombole di gas. Infatti, per un uso normale, vale a dire per l'alimentazione del frigo, dei fornelli della cucina e del boiler, una sola delle due bombole sarebbe stata sicuramente sufficiente per un periodo di tre settimane, salvo non essere costretti ad accendere ripetutamente la stufa, dato il clima della Norvegia. Il problema sussiste infatti perché le bombole all'estero hanno un attacco diverso che in Italia, per cui quelle comunemente acquistabili in loco sarebbero state incompatibili con l'avvitatura del tubo del nostro impianto. Per ovviare a questo inconveniente ho comprato un adattatore per le bombole della Campingaz, marca che è disponibile su tutto il mercato europeo, e, per avere a disposizione una seconda opzione, un attacco per le bombole italiane, che consenta l'eventuale travaso di GPL dalla pompa del distributore, qualora il benzinaio non ponga obiezioni all'operazione. Tuttavia, per quanto il clima sia stato, nel complesso, tutt'altro che clemente, non sarebbe stata mai necessaria l'accensione della stufa e avremmo terminato il viaggio consumando meno di una bombola e con ancora quella di riserva del tutto integra.
Nello studio dell'itinerario e delle tappe quotidiane ho dovuto attenermi al necessario principio di non stancare i bambini con spostamenti dal troppo lungo chilometraggio, soprattutto Sofia, la più piccola, di cui mi sembra di sentire ancora la vocina: “...siamo già arrivati?”, frase magari pronunciata dopo appena mezzora di marcia. Pertanto le tappe di spostamento più lunghe non hanno superato mediamente i 600 Km giornalieri, che sono stati equamente divisi alla guida tra me e Liliana.
Nel nostro viaggio abbiamo attraversato Svizzera, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia. Man mano che ci siamo allontanati dall'Italia, abbiamo apprezzato il piacere della guida; infatti, appena varcato il confine dell'Italia -come d'incanto- non abbiamo più visto TIR incollati minacciosamente alla coda del nostro camper, SUV lampeggiare con arroganza a distanza di 500 metri perché si avesse avuto l'ardire di occupare temporaneamente la loro corsia, auto sfrecciare a velocità pazzesche compiendo sorpassi e continui cambi di direzione, come se l'autostrada fosse un autodromo di Formula 1. In particolare, abbiamo apprezzato l'educazione e la civiltà nella guida dei Danesi, degli Svedesi e dei Norvegesi, sempre rispettosi dei tempi altrui, delle distanze di sicurezza e dei limiti di velocità, così che la guida ci è sembrata di per sé rilassante e rilassata; una guida turistica, tale da consentire con sicurezza l'osservazione dei paesaggi e di vivere anche le lunghe tappe di spostamento come occasione per la conoscenza di luoghi mai visitati o di cui si era letto solamente su libri di geografia o su riviste.
I paesi scandinavi da noi attraversati ci hanno anche offerto la piccola emozione di dover ricorrere ad una valuta diversa dall'euro. Noi abbiamo preferito rifornirci preventivamente di corone danesi (DKK), svedesi (SEK) e norvegesi (NOK) attraverso la filiale della nostra banca in Chivasso, ovviamente privilegiando in quantità i NOK; i rispettivi tassi di cambio praticati sono stati i seguenti: SEK 10.6, DKK 7.3, NOK 8.7. Esiste ovviamente la possibilità di rifornirsi in loco della quantità di denaro necessaria in valuta estera, anche se altri italiani incontrati da noi durante questo viaggio hanno lamentato di aver ottenuto dei cambi a tassi estremamente svantaggiosi presso gli uffici preposti.
Per le autostrade svizzere è necessario munirsi di Vignette da apporre sul parabrezza del veicolo; la Vignette è valida fino al 31 gennaio 2010 e costa 30 euro. Sarebbe stata probabilmente necessaria anche una Vignette per le autostrade austriache per il breve tratto all'altezza di Bregenz, nei pressi del Lago di Costanza, se non avessimo temporaneamente impostato il Commodoro (il nomignolo del nostro petulante navigatore) in maniera tale da farci percorrere solamente le statali. Le autostrade tedesche, danesi e svedesi sono senza pedaggio, mentre nelle autostrade norvegesi, soprattutto al sud, può essere richiesto il pagamento di modeste somme di denaro, utilizzando delle monetine da introdurre nelle apposite macchinette ai caselli o pagando direttamente all'operatore, quando presente.
Se il nostro camper fosse stato pesato alla frontiera svizzera, siamo certi che sarebbe stato riscontrato un peso ben superiore dei 3500 Kg consentiti: il suo capiente gavone posteriore, ogni suo pensile, ogni spazio disponibile era riempito da ogni tipo di cibo, vettovaglie, confezioni di bottiglie d'acqua; e tutto questo per evitare il paventato esborso di denaro presso i supermercati norvegesi. Ancora con il senno del poi, non ci è sembrato che i prezzi in Norvegia fossero tanto più alti che in Italia, almeno per quanto riguarda alcuni prodotti ed articoli; inaccettabile sarebbe stato invece l'acquisto di alcolici (anche birra), molto più cari che in Italia.
Tra i paesi attraversati, solo in Norvegia il gasolio è stato acquistato ad un prezzo leggermente più elevato che nel nostro paese.
Le strade in Norvegia sono tutte ben tenute, il fondo non presenta per lo più irregolarità significative, ma, anche le statali, si caratterizzano prevalentemente per le strette carreggiate; alcune sono solamente percorribili, utilizzando le piazzole di scambio rispetto ai veicoli che provengono dall'opposta direzione.
Capillarmente disseminati, almeno per quella che è la nostra esperienza, sono i camper service, spesso a tipo colonnina sanitary station e presso distributori di benzina, talvolta gratuiti. Abbiamo soggiornato in campeggio solamente per tre notti, per il resto abbiamo pernottato liberamente, per lo più in compagnia di altri camper -anche italiani-, o presso aree di sosta per camper predisposte. La sosta notturna, comunque, ove non espressamente vietata, è tollerata. Conviene, a tale proposito, scaricare da Internet una copia delle aree di sosta delle regioni che si intende percorrere (www.magellano.rsnail.net).
Sulla spesa complessiva del viaggio hanno inciso pesantemente il costo dei traghetti, cari soprattutto per il nostro Superbrig, lungo più di 7 metri, vale a dire 7,13 metri; a questo proposito, preciserei che alcuni addetti alla traghettazione hanno accettato i 7 metri da me dichiarati, ma altri più zelanti discendenti dei vichinghi, con infallibile metodo occhiometrico, hanno decretato laconicamente: “It's more than 7 meters, sir” (è più di 7 metri, signore), applicando una tariffa ancora più elevata, come se fosse lungo 8 metri!
Nel complesso i norvegesi, gli svedesi e i danesi sono estremamente educati e gentili, per quanto riservati e timidi; alcuni eccessi comportamentali, da noi episodicamente constatati, ci sono sembrati spiegabili con un uso eufemisticamente generoso di bevande alcoliche.







IL VIAGGIO GIORNO PER GIORNO


Sabato 4-7-09


“In carrozza, si parte!!!”. Sono le ore 1400 e il contachilometri di Superbrig segna il chilometro 34763. Ho trascorso la mattinata di oggi per gli ultimi preparativi. Il camper staziona usualmente nel cortile interno della nostra casa di Chivasso (To) e così è stato più agevole caricarlo come una bestia da soma. Ho avuto anche il tempo di uscire per acquistare due libri da leggere durante il viaggio, due titoli in cui si intravedono oscure ed improbabili forze, rigurgitate dal passato, minacciare il presente, avendo così i rispettivi autori la pretesa di tenere avvinta l'attenzione del lettore; sarà stato masochismo il mio, ma forse era implicito l'intento di sviluppare l'equazione viaggio impegnativo=libri poco impegnativi (rivelatisi poi scadenti).
“Allora si parte?”
Salutiamo casa nostra. Al nostro ritorno avremmo trovato il prato totalmente infestato da erbacce, ma in quel momento tanto non potevamo immaginarlo. I bambini sono agganciati con le cinture di sicurezza ai loro seggiolini; tutto sembra a posto.
Imbocchiamo la Torino-Milano; alle 14.30 mi fermo presso una stazione di servizio dell'autostrada per controllare la pressione degli pneumatici, riscontrando, anche con l'aiuto del benzinaio -data la mia scarsa manualità con le valvole delle ruote posteriori gemellate-, valori troppo elevati (ma per la revisione il camper non era stato anche dal gommista?).
Alle ore 15.40 siamo sulla Lainate-Como-Chiasso, dopo lo svincolo nei pressi di Milano.
Alle ore 16.20 superiamo brillantemente gli esami presso la dogana svizzera, esami che consistono nel controllo del parabrezza, che rigorosamente lascia luccicare, agli occhi soddisfatti dell'agente, la vignette, poco prima da me acquistata per 30 euro presso una stazione di servizio prima del confine.
Attraversiamo il San Bernardino; la strada sale con notevole pendenza, ma i paesaggi sono veramente belli. Sulla N13, prima di Chur, faccio il pieno, pago in euro, ma la cassiera -esclusivamente tedescofona-, con mia grande soddisfazione, mi dà il resto in franchi svizzeri.
Alle 2100 ci fermiamo presso un'area di servizio dell'autostrada subito dopo St. Margrethen per cenare e dopo ripartiamo alla volta di Lindau, sulla sponda nord del lago di Costanza, programmando il navigatore in maniera tale da farci percorrere le strade statali, non avendo comprato la vignette austriaca per le autostrade. Il campeggio Lindau am See (Fraunhoferstrasse 20 Lindau, Germania) è completamente pieno; parcheggio Superbrig davanti la sbarra e mi faccio un giro al suo interno: è in corso una festa, si balla, si beve, ma la reception è chiusa. Un signore tedesco, molto cortesemente, mi dà delle indicazioni per trovare un parcheggio più avanti. Alle 22.30, finalmente troviamo l'area di sosta, peraltro ben indicata ad ogni incrocio; davanti al parchimetro con istruzioni in tedesco chiedo informazioni in inglese ad un signore davanti a me, per scoppiare a ridere subito dopo, scoprendo che anche lui è italiano: si paga 1.50 euro per le prime due ore e poi 0.70 cent. per le ore successive e il biglietto consente anche di usufruire dell'autobus che conduce al centro; il parcheggio è dotato di bagni e di camper service a tipo colonnina sanitary station (GPS parcheggio N47°33.532 E009°42.040)
Oggi percorsi 420 Km.


Domenica 5-7-09

Stamane partenza da Lindau alle h 900. Il Commodoro ci fa facilmente imboccare l'autostrada 96 in Germania, lungo la quale troviamo diversi rallentamenti e cambi di corsia. All'altezza di Ulm inizia a piovere. Quello del tempo instabile, come vedremo, sarà il motivo dominante di questo viaggio, dal quale tuttavia non ci avremmo mai fatto condizionare. Sosta presso un'area di servizio all'altezza di Wurzburg, da cui saremmo ripartiti alle h 1515. Ne approfitto, mentre Liliana prepara da mangiare, per giocare con i bambini.





Dopo una lunga coda a Seesen, terminata alle h 19.50, ci dirigiamo verso Celle, che raggiungiamo alle 21.30, avendo percorso oggi 670 Km. Prima di arrivare all'area di sosta, segnalata sul Magellano (Hafenstrasse) ci fermiamo nell'abitato di Celle, per stringere le viti della porta della cellula abitativa, che minaccia di staccarsi, trattenuta ormai solamente dalla serratura: sembra incredibile, ma il concessionario, per registrare la porta, non ha serrato a dovere le viti che la ancorano ai cardini.
Il parcheggio sarebbe a pagamento, ma noi sostiamo, insieme a tanti altri camper, alcuni dei quali italiani, nell'ampio spazio sterrato vicino.


Lunedì 6-7-09

Stamane sveglia di buonora. I bambini ancora dormono. Ci spostiamo lentamente verso il vicino camper service a tipo colonnina sanitary station: utilizzo la mia tanica a ruote per scaricare i due serbatoi per le acque grigie, posti sulle fiancate del camper; inserisco un euro per avere la disponibilità dell'acqua potabile, con la quale riempio anche una tanica portatile di 50 litri che sistemo nel gavone. Ritorniamo al nostro posto; i bambini si stanno svegliando; facciamo colazione e alle h 900 si riparte, destinazione Puttgarden. Inizia a piovere; lungo la statale che ci ricollega all'autostrada notiamo delle croci rosse probabilmente ad indicare precedenti incidenti stradali mortali. Continua a piovere. L'autostrada si assottiglia sempre più, sembra diventare un unico budello che conduce a Puttgarden, ove arriviamo alle h 12.40, dopo aver percorso 247 Km. Ci sistemiamo in un parcheggio a pagamento adiacente all'imbarco per pranzare.
Alle h 13.40, dopo aver pagato 81 euro, ci imbarchiamo per la Danimarca. Siamo un pò emozionati perché è la prima volta che saliamo su un traghetto con il nostro camper, che ci sembra più lungo del solito, più basso da terra del solito; ma tutto si rivela più semplice di quanto non pensassimo. Scendiamo tutti dal camper e saliamo sul ponte, anzi sui ponti della nave. Facciamo un giro all'interno del negozio, ove è possibile acquistare articoli di vario genere, i cui prezzi sono indicati sia in euro che in corone danesi. Vi sono anche bar e ristoranti, salette in cui si può soggiornare al coperto. Nelle terrazze all'aperto il pavimento è bagnato e sdrucciolevole; fa freddo e, coperti nei nostri giubbotti, scattiamo diverse fotografie, di cui alcune alla striscia di pale eoliche che all'orizzonte sembra un baluardo contro le insane iniziative rivolte al nucleare.
Alle 14.45 sbarchiamo a Rodby, in Danimarca. Subito dopo ci fermiamo per un'altra pausa presso un'area di sosta dell'autostrada; resto colpito dalla pulizia e dalla presenza di una fontanella d'acqua che fino ad ora era stata solamente un ricercato miraggio. Passa alla guida Liliana. Pioviggina. Il paesaggio della Danimarca è piatto e monotono, punteggiato da sporadiche fattorie. Notiamo un mulino a vento, ma non vi è paragone con il verde paesaggio dell'Olanda. Non vi è paragone neppure con il traffico stradale della Germania; le poche auto che ci sorpassano mantengono una velocità bassa e si allontanano da noi lentamente. Prima di Copenaghen comunque, per il congiungersi del tratto autostradale proveniente da Odense, il traffico diventa più intenso, ma mai a tal punto da essere caotico. Superiamo la tangenziale di Copenaghen e alle h 18.00 arriviamo a Helsingor. Parcheggiamo in uno spazio sterrato nei pressi del castello in cui furono ambientate da Shakespeare le vicende dell'Amleto, accanto ad un camper di due coniugi estoni; più tardi si aggiungerà un camper italiano. Il castello si chiama Kronborg ed ebbe un valore strategico importante per il controllo del traffico navale nel canale dell'Oresund. La via di riferimento per trovare il parcheggio è Kronborgvej.
Siamo leggermente stanchi ed abbiamo deciso di rimandare a domani il traghettamento verso la Svezia.
Ceniamo e dopo assistiamo alla sera che tarda ad arrivare in un baluginio di sfumature rosa e rosse, nel cielo che fa da sfondo alla vicina sponda svedese, separata da noi da un breve tratto di mare, con le sue luci, le sue moderne costruzioni, le sue navi.
Oggi percorsi 480 Km.


Martedì 7-7-09

Alle h 900 ci spostiamo dal parcheggio. Non troviamo subito la sede dell'imbarco e facciamo qualche giro a vuoto per le vie di Helsingor e forse, per errore, percorriamo anche una strada in senso vietato. Paghiamo 82 euro ad una simpatica ragazza che ci indica in italiano il numero della fila in cui avremmo dovuto disporci per imbarcarci.
Alle 9.40 siamo in Svezia, a Helsingborg. Imbocchiamo la E6 diretti verso la Norvegia.
Il cielo è grigio, il sole si fa vedere solo a tratti e talvolta l'aria è satura di goccioline di pioggia che si depositano sul parabrezza del camper.
Faccio il pieno e pago il gasolio a 11,19 SEK al litro (1,06 euro).
Incontriamo molte auto con roulotte al seguito, alcune con targa svedese e dagli sgargianti colori rossi. A Goteborg il traffico diventa più intenso e veniamo rallentati per alcuni minuti; i bambini osservano con una punta di invidia e con tono di malcelata richiesta un parco divertimenti e le sue attrazioni che si intravedono dalla strada.
Alle h 12.45 stiamo lasciando la città; ci chiediamo se, nella loro patria natale, i negozi Ikea, che si allontanano rapidamente dal nostro sguardo, abbiano qualcosa di diverso da quello di Torino, a noi ben noto.
Andrea e Sofia hanno fame e reclamano energicamente: alle h 13.15 ci fermiamo presso un'area di sosta pulita, accogliente e separata opportunamente dal distributore, per raggiungere la quale dobbiamo uscire dall'autostrada ed inoltrarci attraverso una statale per alcune centinaia di metri. Mentre Liliana cucina, porto i bambini fuori a giocare; l'altalena è molto caratteristica e, al posto dei consueti seggiolini, ha dei vecchi copertoni d'auto, ma c'è vento, fa freddo e rientriamo abbastanza presto nella nostra casa mobile. Alle 14.25 ripartiamo; alla guida è Liliana.
L'ultimo tratto della E6, prima del confine con la Norvegia, è una strada a doppio senso di marcia con parecchi rallentamenti per lavori in corso e limiti di velocità che riducono di molto la media di percorrenza; in alcuni tratti si va dai 40 ai 60 Km all'ora ed è sorprendente come tutti rispettino tali regole. L'Italia è davvero lontana!
Siamo già in Norvegia. Incontriamo un primo casello autostradale, presso il quale paghiamo la somma di 24 SEK (2,27 euro) ad un signore di mezza età, dalle braccia tatuate, che rivedremo ancora al ritorno. A 30 Km da Oslo paghiamo ancora 20 NOK (2,26 euro).
Siamo diretti all'Ekeberg Camping (Ekebergveien 65). Il navigatore, che ha in memoria la medesima via ma al numero civico 63, ci conduce agevolmente per la giusta direzione non facendoci passare da Oslo, salvo le ultime centinaia di metri della rotta, in cui, seguiti pedissequamente da altri due camper, ci fa imboccare una strada senza uscita; degradiamo il Commodoro a semplice nocchiero e torniamo indietro, trovando subito dopo il tanto sospirato ingresso al camping. Sono le 18.30. Alla reception una ragazza dai modi assai sbrigativi e dall'inglese supersonico mi dice che il posto c'è ma senza corrente: accetto, anche perché il pannello solare ci ha spesso consentito, pur nelle soste di giorni, di fare a meno dell'elettricità. Pago 520 NOK (58.80 euro) per due notti, comprese le docce. Acquisto anche dalla gentile signorina, per 200 NOK (22.60 euro), i biglietti per gli autobus urbani di Oslo, valevoli per 24 ore, per due adulti e due bambini.
Un ragazzo, che si diverte da matti a scorrazzare, per le stradine del campeggio, con uno di quelle rumorose moto a quattro ruote, ci fa sistemare in un punto scosceso che non ci consente di mettere il camper in piano, malgrado il posizionamento dei cunei; ci accorgiamo che le pentole non stanno sui fornelli e che il frigo non funziona, per cui, malgrado le indicazioni dell'impavido centauro, cambiamo di posizione al nostro mezzo.
Dall'alto della collina del campeggio si domina Oslo, con le sue costruzioni; aspettiamo la notte per vedere la città illuminata, ma la luce del sole c'è, persiste; fino alle ore 23, fino alle ore 24. Crolliamo stanchi. La giornata è finita.
Abbiamo percorso oggi 514 chilometri.


Mercoledì 8-7-09

E' mattino ed esco dal camper per prendere una bottiglia d'acqua dal gavone laterale; il tempo minaccia la pioggia. Mi aprocciano, con fare estremamente gentile, due italiani provenienti dalla Sardegna; mi raccontano che hanno affittato con le loro rispettive famiglie un camper in Norvegia e che questo sarebbe stato per loro l'ultimo giorno, ormai reduci da un viaggio di una settimana che li ha portati fino a Bergen; ci chiedono di accettare alcune loro provviste alimentari (olio, formaggi ed altro) che non avrebbero intenzione di riportare nei loro bagagli nel viaggio di ritorno in Italia; ci sentiamo imbarazzati anche perché non abbiamo nulla con cui ricambiare decentemente, ma accettiamo con gratitudine; nel corso del nostro viaggio avremo più volte modo di apprezzare lo squisito olio sardo, incomparabile rispetto agli artefattuali oli in commercio nei supermercati.
Sono quasi le 10.00 quando ci avviamo alla fermata dell'urbano numero 34, giusto di fronte all'ingresso del camping; ad attendere insieme a noi altri ospiti del campeggio. L'autobus percorre i tornanti della collina e si avvia verso il centro.
I norvegesi sono assai compassati e la loro lingua ha una cadenza particolare: sembra quasi un idioma orientale.
Scendiamo alla stazione centrale (Oslo Sentralstasjon) e, alla ricerca dell'ufficio turistico, ci inoltriamo al suo interno; non abbiamo l'impressione di essere in una stazione ferroviaria; l'atmosfera è ovattata, e lo stress e le tensioni sembrano essere da essa banditi. Usiamo i bagni -a pagamento con delle monetine da inserire in un'apposita macchinetta- e restiamo tanto sorpresi dalla loro pulizia che ci sembra quasi un sacrilegio usarli (la frase potrebbe sembrare iperbolica, ma non saprei come rendere la differenza con la sporcizia e le vergognose scritte e graffiti dei bagni pubblici italiani).
L'ufficio turistico occupa una caratteristica torre di moderna costruzione posta sulla piazza antistante l'entrata opposta della stazione.
Con le tasche piene di pieghevoli turistici percorriamo la strada principale di Oslo, la famosa Karl Johans Gate. Inizia a piovere, prima piano, poi in maniera insistente e sostenuta; ci ripariamo nell'atrio di un negozio e dal mio zaino si materializzano una serie di impermeabili di plastica che indossiamo; e così bardati proseguiamo imperterriti la nostra passeggiata. Sono molti i negozi, ma per lo più non hanno lo sfavillante sfarzo di quelli italiani, almeno di città alla moda e della moda come Roma e Milano. Dall'attenuato brusio dell'affollato viale si leva una voce, la cui proprietaria non riusciamo facilmente ad identificare, che in italiano esclama distintamente: “Mi sono fatta tanti chilometri per vedere dei negozi di m. come questi...” Non saremmo così ipercritici come la nostra connazionale, anche perché, nel complesso, il viale più famoso della Norvegia conserva un suo fascino discreto e particolare, cui contribuisce certamente l'aspetto dèmodè di alcuni suoi negozi.
La via termina in salita su un grande spiazzo semicircolare su cui si affaccia il palazzo reale (Slottet); il termine “spiazzo” mi sembra del tutto adeguato in quanto non credo si possa usare il termine “piazza” per un'area il cui suolo sia costituito esclusivamente da terriccio rossastro. Ci appostiamo al muretto che delimita lo spiazzo e diamo fondo ai panini che Liliana ha preparato stamane sul camper, mentre la pioggia non dà tregua. Io e Andrea scattiamo diverse foto al pittoresco soldato che in alta uniforme monta la guardia e che periodicamente si distacca dalla sua guardiola per percorrere, con movenze da burattino collodiano, parte del perimetro dello Slottet. Sulla via Karl Johans non si apre solamente il palazzo reale, ma altre importanti istituzioni come lo Stortinget (il parlamento norvegese), l'università e il teatro nazionale; su una sua importante via perpendicolare (Universitets gata) troviamo il palazzo che ospita la Nasjonalgalleriet: restiamo sorpresi per il fatto che l'ingresso è gratuito; la visita vale assolutamente la pena, data l'esposizione di quadri di Munch, tra cui l'arcifamoso “Skrik” (Il grido), e di Gaugin, Picasso, Manet, Monet, Matisse, Renoir, Modigliani; resto anche colpito dalle tele di pittori norvegesi come J.C. Dahl e Harald Sohlberg che rappresentarono in maniera assai potente la natura selvaggia dei paesaggi della propria nazione. I bambini non fanno mistero di annoiarsi alla vista di quei vecchi quadri, per cui -con un certo rammarico e con il convincimento di non esserci saziati del tutto- lasciamo la Nasjonalgalleriet, per percorrere, ancora a piedi, la Universitetsgata, raggiungere un'ampia piazza circolare (Fridtjofnansensplass), ove ha sede l'Ufficio di Informazione Turistica, e, alla fine, arrivare alla famosa piazza del municipio (Radhusplassen).
Il municipio (Radhuset) è un'imponente costruzione, interamente ricoperta da mattoni marrone scuro, caratterizzata da due torri quadrangolari. Siamo ampiamente lontani dai canoni architettonici a cui gli edifici storici ci hanno abituato in Italia, e forse il monumento non incontra il nostro plauso perché è improntato ad uno stile palesemente modernista. La piazza del municipio è ampia e ariosa e si apre sul mare del Bunnefjorden. I nostri biglietti per gli autobus urbani sono anche validi per il traghetto n. 91, che parte dal n° 3 di Radhusbrygge -di fronte al Radhuset-, e in circa 15' ci fa sbarcare presso la penisola di Bygdoy, ove hanno sede molte ville padronali dallo stile caratteristico e alcune delle principali attrazioni di Oslo: noi visitiamo solamente il museo delle navi vichinghe (adulti 50 NOK, 5,60 euro; bambini 30 NOK, 3,40 euro). Siamo già in apnea e i bambini cominciano ripetutamente a reclamare la loro stanchezza. Scattiamo diverse foto -Andrea ne scatta centinaia- alle due navi vichinghe meglio conservate, mentre della terza si riesce ad apprezzare solo lo scheletro; da alcuni pulpiti, che si aprono sugli ampi saloni del museo, è possibile affacciarsi e scattare foto da diverse prospettive, come pure sono molto interessanti gli oggetti esposti in numerose bacheche e ritrovati negli stessi scavi delle navi.
Riprendiamo il traghetto che ci riporta alla piazza del municipio. Dalla prora di un peschereccio all'ancora sul molo una ragazza vende confezioni di gamberetti, che noi, incalliti pesciofobi, ci guardiamo bene dall'acquistare, malgrado la loro sicura freschezza. Attraversiamo la piazza, mentre un gruppo folcloristico, dalle casse dell'amplificazione, fa sentire la sua allegra musica, e ci dirigiamo verso il rinomato centro commerciale Aker Brygge, che sorge su quelli che furono i magazzini portuali. Non troviamo nulla di interessante o di diverso rispetto ai centri commerciali a cui siamo abituati, fatta eccezione per la palese atmosfera di calma e di tranquillità che vi si può respirare, probabilmente dovuta all'atteggiamento silenzioso e composto dei norvegesi; acquistiamo per una cifra irrisoria una sorta di bomboloni al ripieno di crema che divoriamo golosamente. Sono circa le ore 1800 e, fuori dal centro commerciale, sono molti i locali, i ristoranti i cui dehors sono interamente occupati da persone intente a degustare piatti per lo più a base di pesce; siamo davvero invidiosi, non per quello che mangiano, ma per come si godono la vita, per il tempo che riescono a ritagliarsi per se stessi, per le loro conversazioni, per i rapporti umani. Per noi che viviamo nell'Italia del nord, ci sembra o ci fanno sembrare un lusso sfrenato il tempo che viene rubato ad una giornata di lavoro, che così si allunga sempre più, il tempo apparentemente rubato alla produttività pretesa e alla necessità di esibirla, falsa o virtuale che sia, a dispetto di ogni canone di qualità del prodotto e della qualità della vita stessa; e tutto questo con gli stipendi tra i più bassi in Europa.
I bambini sono davvero stanchi e forse anche noi genitori, per cui raggiungiamo, attraverso la Karl Johans Gate, la stazione ferroviaria e poi il campeggio, prendendo il bus n° 34.
Doccia, cena e a nanna. La giornata è finita.


Giovedì 9-8-09

Alle h 9.30, dopo aver caricato e scaricato su un comodo camper service presso il campeggio, partiamo. Pioviggina, fa freddo e c'è vento. Il navigatore ci porta rapidamente fuori Oslo. Prendiamo la E6, direzione Trondheim. Sono le h 10.40 e a 74 Km da Oslo incontriamo il lago Mjosa, il più grande di tutta la Norvegia. La E6 che, nel suo tratto iniziale, prometteva di essere un'autostrada, pur con i suoi cambi di corsia per lavori in corso, si è trasformata in una statale, con i ben prevedibili limiti di velocità e spesso costellata da molti cantieri, che rallentano ulteriormente la marcia, ma che probabilmente preludono alla costruzione di altri tratti autostradali. Il lago Mjosa, con i suoi caratterisitici paesaggi selvaggi e poco popolati, corre alla sinistra della strada che percorriamo, finchè, attraverso un ponte, ci ritroviamo sulla sponda opposta, dove il lago diviene un lungo corso d'acqua stretto che continua nel suo emissario. A 177 Km da Oslo passiamo da Lillehammer.
I fitti boschi sono l'elemento caratterizzante il paesaggio.
Sono le h 1300 e, a 75 km da Dombas, ci fermiamo per una pausa in un'area di sosta, ove tre famiglie di Norvegesi pranzano allegramente fuori, seduti sui sedili di legno, malgrado la temperatura che per noi è bassa e poco invitante.
Alle h 1500, dopo un breve pisolino, ripartiamo. Nei pressi di Dombas faccio il pieno a 11,31 NOK (1,28 euro) e poi ci dirigiamo verso Oppdal.
Sono le 1700 e abbiamo percorso 335 Km da Oslo.
A circa 50 Km da Oppdal, la strada sale sempre più e ai nostri occhi si presenta un paesaggio favoloso, che non ha pari rispetto ad altre nazioni e regioni visitate; sembra quasi di essere in un altro pianeta, ove una strada stretta e rettilinea attraversa una landa selvaggia, punteggiata da gruppi di contorti arbusti e da isolate case dallo strano tetto con zolle d'erba. Vicine e lontane da noi alcune catene montuose, su cui gravita un cielo plumbeo, sono screziate dal bianco della neve.
Alle h 18.30 ci fermiamo a Oppdal, presso il parcheggio del centro commerciale Domus, vicino al Radhus -il municipio-, insieme ad altri tre camper tedeschi.
Oggi abbiamo percorso 413 Km.


Venerdì 10-8


La notte trascorre con il monotono ticchettio della pioggia sul tetto del camper.
Al mattino un impiegato comunale, malgrado la pioggia, si adopera per issare sulle rispettive aste diverse bandiere che poi sventoleranno sul piazzale del Radhus.
Ripartiamo alle h 930 direzione Trondheim, ma subito dopo ci fermiamo presso un distributore, che oltre ad avere annessa una bella area di sosta per camper con allaccio elettrico, fornisce gratis la possibilità di caricare e scaricare su una colonnina a tipo sanitary station.
Alle 1200 ci fermiamo, per una breve pausa, presso uno spiazzo prospiciente ad una chiesetta con annesso cimitero; quella delle chiese e del vicino prato che ospita disadorne ma ordinate tombe, per lo più costituite da semplici lapidi, sarà una caratteristica di contorno del paesaggio, che più volte avremo modo di apprezzare nel corso di questo viaggio.
Ore 13.10: arrivo a Trondheim. Percorsi 120 Km, prevalentemente sotto la pioggia. Parcheggiamo sulla Erling Skakkes Gate, a pagamento per 20 NOK all'ora (2,26 euro). Scendiamo dalla nostra casa mobile; la famosa cattedrale (Nidarosdomen) è a poche decine di metri; l'esterno è davvero molto bello ed imponente, in stile romanico e gotico; splendido è il rosone e le molteplici statue allocate sulla facciata ovest; alcuni particolari ci ricordano la cattedrale di Chartres, in Francia. Paghiamo un biglietto famiglia per visitare l'interno (125 NOK; 14.15 euro). Riprende a piovere intensamente. Siamo piuttosto irritati per la persecuzione meteorologica ordita da Odino e dalle altre divinità scandinave. Visitiamo l'interno della cattedrale e resto impressionato dalle vetrate colorate; dimentichiamo che il biglietto ci avrebbe dato diritto a salire sullo splendido campanile, da cui avremmo goduto della vista sulla città.
Il tempo fa i capricci; forse spunta un timido sole. Facciamo una rapida passeggiata per le vie della città, che si presentano larghe e ben squadrate.
Di corsa, bisogna sbrigarsi, la pioggia è una promessa che sta per essere mantenuta.
Visitiamo gratuitamente la Var Frue Kirke (Chiesa della Madonna), che risale al XII secolo, anche se il campanile venne costruito nel 1739, come indicano le cifre dorate che su di esso risaltano; l'interno è molto bello, mentre l'esterno, con le sue pietre multiformi levigate e annegate nella struttura delle pareti, si sposa alla perfezione con gli altri edifici vicini.
Sempre nei pressi del centro e a due passi dal nostro camper, vediamo, lungo le sponde del fiume Nidelva, le costruzioni di legno splendidamente colorate e sostenute da palafitte, che costituiscono il Bryggen, un tempo magazzini e cantieri navali; la loro vista e la loro immagine in parte riflessa sul fiume, in questa giornata piovosa, è davvero suggestiva.
La città di Trondheim, da cui ripartiamo alle h 1530, rappresenta il punto più a nord del nostro viaggio; da questo momento in poi l'ago della nostra bussola o, per essere meno anacronistici, il nostro navigatore satellitare ci porterà sempre più a sud.
Subito dopo l'uscita dalla città una lunga coda ci rallenta per quasi un'ora; continua a piovere. Una moto con targa italiana ci sorpassa salutandoci festosamente, mentre siamo ancora incolonnati e aspettiamo di riprendere il nostro viaggio. Imbocchiamo la E39 e paghiamo due pedaggi, entrambi di 17 Nok (1.90 euro). Siamo diretti a Kristiansund, ma, mentre la pioggia non dà tregua, ci rendiamo conto da un cartello, che interpretiamo solo tardivamente -e per questo commettiamo un errore che ci costa un beffardo avanti e indietro di più di 30 chilometri-, che la E39 è interrotta; prendiamo allora la statale n° 65, che si rivela un'alternativa ben più stretta, dal fondo obliquo e con una discreta pendenza rivolta verso il suo ciglio esterno; guido per alcune ore in tensione e a bassa velocità, con il camper che mi sembra pericolosamente inclinato verso l'esterno e con la strada che mi dà la sensazione di essere particolarmente sdrucciolevole, mentre dietro di noi si formano file interminabili, che di tanto in tanto faccio defluire, fermandomi in una piazzola di sosta; qualcuno ci ringrazia suonando il clacson, ma mai nessuno ostenta stupide ed incivili manifestazioni di protesta.
L'ultimo tratto della 65 è ancora più difficile e tortuoso, ma iniziamo ad intravedere degli splendidi scorci paesaggistici che spengono la nostra tensione, che si tramuta ben presto in entusiasmo. Ne avevamo tanto parlato e li abbiamo spesso sognati negli ultimi tempi: ecco i primi fiordi; si tratta del Surnadalsfjorden e poi dell'Asskardfjorden. Le nuvole sono tanto basse da essere nebbia e da impedire spesso la vista da sponda a sponda, ma è fantastico anche quello che si può vedere con l'immaginazione.
La strada ci porta alle 20.30 al primo traghetto in Norvegia presso la località di Halsa: paghiamo 209 NOK (23.64 euro). Fino a questo punto abbiamo percorso oggi 300 Km.
Dopo essere sbarcati sulla sponda opposta dell'Halsafjorden, continuiamo per la E39 ed incontriamo un ponte dalla struttura avveniristica che, salendo in maniera vertiginosa dal basso verso l'alto, sembra una rampa di lancio missilistica. Paghiamo 115 NOK (13 euro) per attraversare alle 21.20 un tunnel sottomarino; la galleria, con una pendenza mai vista, sembra inabissarsi in un punto in cui il mare si fonde con la nebbia. Il nostro entusiasmo sale alle stelle; Liliana scatta una foto alla galleria, suscitando la giustificata protesta dell'automobilista che sopraggiungeva di fronte, abbagliato dal flash; dopo averci portato al punto più basso sotto il livello del mare la galleria sale, sale. Ormai siamo a Kristiansund, la meta finale odierna, ma non troviamo l'area di sosta segnalata sul Magellano; ci aggiriamo confusi e stanchi per le vie di una città deserta, avvolta da nubi basse, in un crepuscolo senza fine; facciamo diversi giri, passando ormai dalle stesse strade, che salgono e scendono verso il porto, e alla fine decidiamo di fermarci presso il parcheggio gratuito antistante il campeggio Atlanten Motell og Camping, vicino all'Atlanten Idrattspark (via Dalaveien 22; GPS N63°07.513 E007°44.389). Sono le 22.20. Una coppia con due bambini, tutti biondissimi ed altissimi, passa davanti a noi a piedi, sorridendoci e scandendo i numeri da uno a dieci in italiano.
Siamo soli, ma ci sentiamo tranquilli; ci tengono compagnia le vicine luci delle costruzioni del motel e le sporadiche auto che vi entrano attraverso il passaggio a livello.
Percorsi oggi 370 Km.










Sabato 11-8-09


Tutta la notte pioggia.
Sveglia e partenza dal parcheggio alle h 10.00. Il tempo continua ad essere ostinatamente inclemente. Ci avviamo verso il porto, paghiamo 264 NOK (29.86 euro) e ci imbarchiamo alla volta di Bremsnes, ove arriviamo alle ore 10.50. Le nubi, come ieri, sono sempre basse e la pioggia sembra solamente sospesa; è con questa atmosfera che ci accoglie la famosa Strada Atlantica (Atlanterhavsveien), costituita da otto ponti che collegano 17 isolette, dall'isola di Averoya a Vevang sulla terraferma. Lo spettacolo è straordinario, malgrado la visibilità sia davvero ridotta a solo poche centinaia di metri e per brevi tratti si intraveda il mare ai lati della strada. Ci chiediamo quali sensazioni avrebbe potuto darci questo percorso in condizioni di tempo sereno, quando sarebbe stato davvero impressionante attraversare una strada che sembra solcare il mare con i suoi rettilinei cresciuti sull'acqua e con i suoi arditi ponti; un ponte, in particolare, sembra curvare ed andare su in alto: abbiamo l'impressione di essere sull'ottovolante, quando ci avviciniamo in cima alla ripida salita, laddove, per un'illusione ottica, la strada sembra interrompersi per continuarsi con il vuoto; poi si apre la discesa, e noi giù insieme ai gabbiani, mentre il motore urla per dare manforte ai freni.
Continuiamo a percorrere la E39 verso Molde. Alle h 12.45 restiamo fermi per alcuni minuti per lasciare il passo ad una gara di ciclocross. Percorriamo un tunnel il cui pedaggio ci costa 15 NOK (1.70 euro) e alle 13.15 ci fermiamo a Molde, prima dell'imbarco per Vestnes, per una frugale pausa pranzo; un timido sole lascia intravedere che esiste anche lui; alcuni occupanti due camper francesi stanno pescando. Alle 14.15 ci imbarchiamo; l'addetto ai biglietti ci fa un bello scherzetto facendoci pagare 373 NOK (42.20 euro), adducendo a pretesto della sua esosa richiesta il fatto che il nostro camper rientri nella categoria fino agli otto metri. Ancora la E39 e alla fine arriviamo ad Alesund, diretti presso un'area di sosta per camper di cui abbiamo letto un gran bene su alcuni diari di viaggio; l'area di sosta è ben indicata, e credo che sarebbe stato possibile trovarla anche senza l'ausilio del navigatore (via Sorenskriver Bulls Gate, GPS N62°28.574 E006°09.452); otteniamo il ticket da esporre, utilizzando la carta di credito (è necessario strisciare la carta sul parchimetro una volta all'arrivo e poi ancora una volta al momento dell'uscita). Il parcheggio è molto bello, si estende su un molo ed è fornito, oltre che di camper service, anche di docce calde e di bagni.
Usciamo ad esplorare Alesund. I turisti sembrano pochi e per le strade sentiamo parlare quasi esclusivamente in norvegese. La cittadina è molto attraente con i suoi edifici in caratteristico stile liberty costruiti dopo un tremendo incendio agli inizi del secolo scorso e con le sue vie che compiono dei saliscendi a partire dalla zona del porto. Il pomeriggio, per quanto la pioggia voglia oggi graziarci, è fresco e una pungente brezza ci dà qualche brivido; i fiati si tramutano in vapore. I moli sul porto sono molto frequentati; sono allestiti alcuni spazi tenda: in uno imperversa una festa, ove scorrono, a suon di petardi e di un'orchestrina Dixieland, ettolitri di birra che fomentano urla e strepiti; in un altro sono esposti dei modellini in scala di imbarcazioni da diporto. Su uno dei moli è ormeggiata una replica perfettamente funzionante del vascello Goteborg del XVIII secolo, appartenuto alla Compagnia svedese delle Indie Orientali. Nel corso del nostro viaggio avremmo ritrovato il Goteborg e le sue maestose forme ancora presso il porto di Stavanger, ove, dopo essere approdato, avrebbe ancora richiamato una folla di curiosi.
Ritorniamo sul nostro camper; cena; la notte è sospesa, ma sembra non arrivare mai.







Domenica 12-8-09

Durante la notte pioggia. Al risveglio mattutino tempo nuvoloso e nebbioso. Facciamo carico e scarico e alle h 10.30 partiamo per la tanta temuta scala dei Trolls. Striscio la carta di credito sul parchimetro e la ricevuta riporta la somma di 192 NOK (21,70 euro). Imbocchiamo la E136 e la giornata sembra aprirsi; il sole ricompare sulle strade molto poco frequentate di questo mattino domenicale. Sono le 11.40 e i panorami sono ragguardevoli prima sul Tresfjorden e poi sul Romsdalsfjiorden; in alto il cielo ha squarci di sereno ma anche momenti di pioggia, mentre le incombenti montagne nascondono le loro cime con un velo di nebbiosa foschia. Attraversiamo dei tunnel, di cui uno di più di 6 Km. Alle 12.20 siamo ad Andalsnes e da qui inizia la Trollstigen, la celeberrima scala dei Trolls. Siamo emozionati, ma facciamo anche un pò di teatro urlando “aiuto...aiuto...” sotto l'occhio vigile della nostra videocamera. I tornanti sono mozzafiato mentre la strada ad una sola corsia si inerpica per il costone lasciando, prima sopra di sé e poi sotto di sé, un paesaggio indescrivibile, inimmaginabile -neppure a chi voglia esercitare l'occhio con le tanto diffuse foto turistiche-; percorriamo ad andatura molto lenta, ma nessuno dei veicoli che ci segue si sogna di protestare; cascate lungo la strada: apriamo i finestrini per assaporarne la fragranza e le goccioline sospese nell'aria; rivoli solcanti le pareti montane; ponti slanciati nel vuoto e costruiti da mano soprannaturale; segnali stradali di pericolo d'attraversamento di Trolls; improvvisati guardrails che separano dall'abisso; saliamo, saliamo, ma non abbiamo alcuna percezione del pericolo. Le frequenti piazzole di scambio agevolano il transito ai veicoli che provengono dall'opposta direzione di marcia. In una sola circostanza mi trovo in seria difficoltà, avendo incrociato un autobus in un punto in cui non vi è un'opportuna piazzola; mi disimpegno dopo alcuni minuti, grazie alla cortesia dell'autista.
Arriviamo in cima al passo; ci sono negozi di souvenirs ed un ampio parcheggio, che è interamente occupato da auto, autobus, camper; improvviso una sistemazione precaria al nostro Superbrig e scendo solamente io per scattare delle foto; corro lungo un sentiero, facendo un ripetuto slalom tra una folla sempre più folta, fino a raggiungere delle postazioni panoramiche appositamente costruite che offrono uno straordinario colpo d'occhio lungo tutta la vallata e lungo le spire della scala dei Trolls, quasi un lungo serpente, ove i mezzi in transito sono dei piccoli puntini animati di vita propria; ritorno ancora di corsa verso il camper, mentre il fiatone e la crescente sensazione di rigidità alle cosce e alle gambe mi ricorda che non sono affatto allenato e -perché no?- la mia non più verde età.
Sono le 13.20 e ripartiamo per percorrere il passo in discesa. La strada, che si apre sulla vallata delle fragole, ha meno suggestioni panoramiche della scala dei Trolls, è più ampia e non provoca particolari patemi d'animo. Sono tante le postazioni che, sul ciglio della strada, deliziano i turisti con la vendita di fragole; noi ci fermiamo a comprarne tre cestini al prezzo di 30 NOK (3.40 euro) ciascuno; non si può dire che siano propriamente economiche, ma sono squisite e i bambini mostrano di gradirle molto, facendone una scorpacciata.
Sono le 14.50, abbiamo percorso 170 Km dalla partenza stamane da Alesund e ci apprestiamo a traghettare da Linge a Eidsdal.
Continuiamo poi a percorrere la statale 63 fino a giungere in un ampio slargo, ove sostano autobus, camper, auto, pecore e subito dopo il quale inizia la Orneveien, la strada delle aquile. Scattiamo foto, su foto ad uno scorcio che, da altezza impressionante, si apre sulle acque blu del fiordo di Geiranger, solcato da una nave da crociera che pare un modellino in miniatura in un catino d'acqua , tra esclamazioni di sorpresa in tutte le lingue e lamentosi belati di pecore, che ci strappano sonore risate.
Affrontiamo in picchiata la discesa della strada delle aquile, tornante dopo tornante, laddove la pendenza sembra rivaleggiare con quella di attrazioni da luna park, in uno svolgersi di spire, lungo la fiancata del colle, che ricorda quelle del volo di un rapace. Le piazzole di sosta sono quasi tutte sulla carreggiata opposta; riesco a fermarmi alla fine presso una piazzola alla nostra destra, scendo armato di macchina fotografica e mi appoggio sul guardrail, oltre il quale c'è il vuoto; un autobus, che sopraggiunge in quel momento in salita, mi procura momenti di paura, mi sfiora appena, ma non avrei avuto alcuna via di fuga oltre il limite della carreggiata, prima del precipizio: la stupidità non è solamente negli altri e in chi, apostrofato come intellettivamente sottodotato, si crede possa dare risalto alla nostra presunta intelligenza. Ma non pensiamoci!
Sono le h 16.30 e siamo a Geiranger. Il sole e il cielo sereno sono ormai più che una promessa. Ci piazziamo in un parcheggio per autovetture gratuito, adiacente ad un campeggio (N62°06.055 E007°12.299). Scendiamo e facciamo un giro per il paesino, poche case, la maggior parte negozi, alberghi, pensioni, locali, che si affacciano sul molo del più famoso fiordo della Norvegia. Un numero discreto di turisti, un vecchio trattore verniciato interamente con una improbabile tinta dorata, una splendida vista sulle calme acque del fiordo. Andrea e Sofia giocano ai piedi di una gigantesca statua di un Troll, tante foto; una ragazza e due bambine dimenticano una borsetta; le raggiungo all'interno di un negozio di souvenirs.
Excuse me, have you forgotten a little bag by any chance?” (avete per caso dimenticato una borsetta?)
No, no.” Risponde all'unisono il terzetto, arretrando da me.
Mi rendo conto di avere forse un aspetto tutt'altro che rassicurante, o forse mi sono proprio sbagliato; sorrido, mi scuso ancora e ritorno lentamente sui miei passi, per sentire alle mie spalle una delle bambine correre verso il posto in cui ancora è la borsetta, sorvegliata da Liliana e dai bambini; mi giro e incrocio lo sguardo della ragazza.
Yes, Yes.” Mi dice sorridendo.
Le auto lasciano il parcheggio ed arrivano altri camper, alcuni italiani. La serata è stupenda, la notte non arriva e infinite sfumature di tutti i colori dello spettro del visibile provengono da ogni cosa: sembra un miracolo, ma le apparenze ingannano e più tardi il solito acquazzone non mancherà di prendere a calci il nostro entusiasmo.



Lunedì 13-8-09

Sono le h 300 -sì, proprio le 300 di notte- e sono svegliato da urla disumane. Guardo con circospezione attraverso uno dei finestrini: non riesco a descrivere per motivi di mera decenza la scena che si presenta ai miei occhi stupefatti. Devono proprio essere ubriachi quei tre ragazzi -ed ubriachi fradici- per avere dimenticato di possedere un cervello. Preferisco stare a guardare per alcuni minuti, poi le loro grida incontrollate e le loro azioni governate da uno stato mentale alterato si spostano più lontano da noi, dove a mala pena si riesce a sentirli.
Sono le 10.20 e ci accingiamo ad imbarcarci per la minicrociera alla volta di Hellesylt, attraverso il fiordo di Geiranger.
I'll give you a family ticket” (le darò un biglietto famiglia), mi dice con gentilezza il bigliettaio, lasciandomi intendere che, per la lunghezza del mezzo e per il numero degli occupanti, avremmo dovuto pagare più della somma di 495 NOK (56 euro), che ci viene effettivamente richiesta. Saliamo sul ponte della nave, ove si è già radunata una discreta folla di turisti, che ormai occupano tutti i posti a sedere; ci accomodiamo alla buona e sfoderiamo le nostre macchine fotografiche. Di fronte a noi un'immensa nave da crociera italiana è all'ancora; non tira un filo di vento e il tricolore italiano giace inerte sospeso all'asta. Il fiordo è lungo circa 20 Km, le alte pareti che lo delimitano si precipitano a picco sulla superficie d'acqua e sono coperte talvolta da rada vegetazione, talvolta da estese zolle boscose, talvolta punteggiate da fattorie, alcune antiche, che sembrano sospese nel vuoto, talvolta solcate, in tutta la loro altezza, da impetuose cascate probabilmente alimentate da nevi eterne; dall'altoparlante ci giungono spiegazioni in varie lingue, tranne che in italiano, e la nave rallenta di volta in volta, come per aspettare che la litania esplicativa sia terminata: apprendiamo, tra l'altro, i nomi pittoreschi delle cascate: “le sette sorelle”, “il pretendente”, “il velo da sposa”. Il cielo è sereno, alcuni gabbiani si danno il turno per scortare la nave, mentre un elicottero ronza sulle pareti del fiordo.
Sono le h 12.20 e stiamo sbarcando a Hellesylt; attraversiamo uno stretto ponticello, che ci dà qualche brivido, mentre a destra ammiriamo una splendida cascata. Percorriamo la statale 60, stretta, dal fondo spesso irregolare; all'altezza di Hornidal la strada corre per un breve tratto lungo la sponda destra del lago Hornidals-Vatn. Dopo Hornidal la statale 60, prima di Stryn, si fa più larga, meglio percorribile, e sembra essere disegnata sulle sponde orientali di un fiordo favoloso, l'Innvikfjorden; restiamo incantati dal paesaggio, dalle alte montagne innevate, dalle più basse pendici scoscese, dalle foreste, dall'acqua blu; vorremmo fermarci per fotografare tutto, per portare con noi tutto, ma approfittiamo del fatto che i bambini dormono per lasciare dietro di noi chilometri su chilometri. Passiamo da Olden che è punto di partenza per escursioni sul vicino ghiacciaio; saremmo tentati di imboccare la stretta stradina che ci avrebbe condotto sul Briksdalsbreen, ma decidiamo di proseguire oltre; cerchiamo di spegnere i rimpianti e ogni giustificazione è buona -o pretestuosa? (“...tanto in Norvegia ci torneremo...magari quando i bambini saranno più grandi...e vedremo finalmente anche il ghiacciaio...”)-.
Dopo Olden all'ancora un'altra enorme nave da crociera. Sono le 1400, ci dirigiamo verso Utvik, sempre percorrendo la 60, che si fa oltremodo stretta, ad una sola carreggiata; incrociamo autobus, auto; ci troviamo spesso in difficoltà, laddove tuttavia il paesaggio sul fiordo continua ad essere incredibilmente stupendo. Alcuni chilometri prima di Utvik la carreggiata diviene più ampia. Superiamo Utvik, lasciamo il fiordo, e la 60 si inerpica lungo ripetuti e stretti tornanti fino ad arrivare ad un pianoro panoramico, ove, alle h 1430, ci fermiamo, accanto ad altri camper. Abbiamo percorso da stamane 100 Km. Scendo insieme ad Andrea per scattare delle fotografie, mentre Liliana prepara da mangiare; ci inoltriamo attraverso una stradina sterrata, respirando un'aria frizzante e pungente, tra casupole dai tetti a zolle, lontani muggiti, rintocchi di campanacci, distanti cime innevate o solcate da ghiacciai.
Ripartiamo alle 15.20, imbocchiamo la E39, che all'altezza del comune di Jolster, attraversa una stretta vallata solcata alla nostra destra da un fiume. Passiamo da Skei, lungo la sponda destra del lago Jolstravatnet, delimitata da un alto costone. All'altezza di Lunde la statale 5 sale e ci troviamo di fronte una parete rocciosa su cui troneggia una lingua del ghiacciaio Jostedalsbreen. Prima di Fjaerland attraversiamo un tunnel di 6 Km, stretto e dalle pareti di nuda roccia. All'uscita dal tunnel alcune gocce di pioggia sul parabrezza. Imbocchiamo una stretta deviazione dalla statale 5 e giungiamo presso l'abitato di Fjaerland, caratterizzato da pochi edifici, la maggior parte dei quali negozi di libri; lasciamo il camper presso un ampio parcheggio prospiciente uno di questi negozi, che visitiamo; l'atmosfera ovattata, per le strutture interamente in legno e i numerosi tappeti, fa da cornice a migliaia e migliaia di libri, dei più svariati argomenti, per lo più in norvegese e in inglese; i bambini si soffermano davanti ad alcuni libri di Harry Potter; in particolare Andrea, che, a differenza di Sofia, sa leggere, nota che in lingua norvegese le parole “filosofi”, “geografi” stanno per filosofia e geografia.
Sono le h 1700 e ripartiamo da Fjaerland. Paghiamo subito dopo un pedaggio di 180 NOK (20,35 euro). Attraversiamo un tunnel di 2600 metri, all'uscita dal quale ci gratifica una splendida vista sul Fjaerlandfjorden; la strada sale; percorriamo un altro tunnel di 7000 metri, caratterizzato, come spesso è dato osservare in Norvegia, dalle pareti inizialmente in cemento levigato, poi in nuda roccia. Sono le h 17.30 e ha ripreso a piovere; alcune pecore stazionano tranquille sulla strada statale e bisogna strombazzare sonoramente per farle sloggiare. Arriviamo a Sogndal e, all'altezza del bivio che lungo la 55 conduce a Solvorn, ci fermiamo per fare il pieno (gasolio a 11.19 NOK; 1.26 euro al litro); dall'altra parte della strada, di fronte al distributore utilizziamo gratuitamente il camper service (N61°13.951 E007°07.111). Continuiamo per la 55, lungo uno dei bracci del Sogndalfjorden, e dopo quasi 17 Km perveniamo a Solvorn, che si affaccia sul Lustrafjorden; l'intento sarebbe stato quello di pernottare e di imbarcarci domani a piedi per visitare la chiesetta di legno di Urnes, ma la sosta presso il piccolo parcheggio dell'imbarcadero è espressamente vietata ai camper, così ritorniamo indietro su Sogndal, ove, dopo alcuni giri a vuoto nell'abitato, troviamo sistemazione, alle h 2100, presso un ampio parcheggio adibito alle autovetture, a pagamento dalle h 800 alle h 1700; accanto a noi arriverà subito dopo un altro camper italiano (N61°3.667 E007°06.046). La pioggia sarà un'autentica delizia per tutta la serata. Per tutta la notte.
Oggi percorsi circa 250 Km.








Martedì 14-7-09

Partiamo di buonora dal parcheggio presso Sogndal e alle 900 circa siamo nuovamente a Solvorn, ove sistemiamo il nostro mezzo in uno spazio adibito alla sosta di poche autovetture, alcune centinaia di metri prima l'imbarcadero per Urnes. Ci avviamo a piedi. E' davvero difficile avere in mente il significato vero della parola silenzio se mai si è stati in alcuni paesini della Norvegia. Le case di legno trasudano di segni di vita; la biancheria stesa, la bicicletta appoggiata su uno steccato, il bambino che esce chiudendo piano l'uscio dietro di sé. Eppure non sarebbe possibile non udire il volo di una sola mosca in questa totale assenza di rumori, una sorta di anestesia dei suoni, in cui temiamo che anche un malaccorto colpo di tosse possa turbarne il magico equilibrio.
Il traghetto per Urnes è ogni ora e così anche le corse per il ritorno. Presso l'imbarcadero conosciamo una simpatica famiglia di Catanzaro, una coppia con un ragazzo di 14 anni, che, come noi, ma con auto noleggiata, sta facendo un giro nelle regioni sud-occidentali della Norvegia.
Il traghetto è poco più che un barcone. Si sistemano alcune auto, ma per lo più salgono passeggeri a piedi come noi. Paghiamo 176 NOK (20 euro) e, dopo la traversata, sbarchiamo sulla sponda opposta del Lustrafjorden. Bisogna percorrere circa 1 Km in salita per raggiungere la famosa chiesetta di legno (Urnes Stavkirke). Il tempo nel complesso è sereno, non tira un alito di vento e la fragranza delle sparse coltivazioni di fragole e di ciliegie è un elemento che arricchisce il paesaggio, inebria i sensi e rende indelebili i ricordi. Il biglietto famiglia per visitare la chiesa ammonta a 100 NOK (11.30 euro). La Stavkirke è sottoposta a lavori di restauro ed alcuni particolari del suo interno sono stati smontati e portati presso un piccolo edificio posto accanto. Sotto gli occhi vigili della guida entriamo in gruppetti di 10 persone e saliamo attraverso una stretta scaletta, ammirando i particolari scolpiti sul legno e la sorprendente struttura che risale al 1100; fuori, apprezziamo ancora le decorazioni stilizzate di una delle pareti esterne che, a detta della guida, rappresentano le forze del bene che lottano contro le forze del male.
La visita è finita, guardiamo l'orologio e ci rendiamo conto che abbiamo solamente 5 minuti per prendere il traghetto per il ritorno. Ci lanciamo in una corsa in discesa, trascinando per mano i bambini.
You have plenty of time” (avete un mucchio di tempo), e ha proprio ragione il sorridente signore che ci incontra trafelati a metà strada: infatti il traghetto aspetterà ben oltre il suo ufficiale orario di partenza e, giunti all'imbarcadero, avremo ancora il tempo di acquistare un cestino di ciliegie (25 NOK, 2.80 euro) e di scambiare ancora quattro chiacchiere con la famiglia calabrese.
Siamo di nuovo a Solvorn, salutiamo i nostri amici di Catanzaro e ci avviamo verso il nostro camper. Lungo la strada noto un sidecar, con targa norvegese, motorizzato Moto Guzzi, con la scritta “Polizia Stradale” appena sbiadita.
Sul camper ne approfittiamo per pranzare con dei buoni spaghetti al pomodoro; alle 1400 ripartiamo. Una cortina di nuvole nasconde il sole ma non il tepore che si avverte piacevolmente fuori.
Percorriamo la statale 5 e alle 14.20, a 7 Km dall'imbarco da Mannheller a Fodnes, godiamo di una splendida vista dall'alto sul Sognefjorden; è davvero suggestivo pensare che siamo nel cuore della Norvegia, a più di 200 Km dalla costa e che la calma superficie blu non è altro che acqua marina in continuità con l'oceano: meraviglie del fiordo più lungo del mondo. Un tunnel ci porta direttamente all'imbarco di Mannheller; nell'attesa del traghetto, acquistiamo da una biondissima ragazza, i cui occhi blu non possono tuttavia rivaleggiare con quelli normanni della nostra Sofia, un cestino di fragole (35 NOK, 3.95 euro). Paghiamo 233 NOK (26 euro) all'addetto alla traghettazione che sostiene che il nostro camper rientri nella categoria fino a 8 metri. Alle h 1500 sbarchiamo a Fodnes. Piove. Un tunnel lungo 6,5 Km ci porta fino a Laerdal, da cui, percorrendo sempre la statale 5 e svoltando a sinistra lungo la E16, ci dirigiamo verso Borgund per visitarne la nota chiesetta di legno (Borgund Stavkirke); l'ingresso ci costa 140 NOK (15.80 euro). La Stavkirke è davvero molto bella e, almeno all'esterno, ci sembra più suggestiva di quella di Urnes; la chiesetta, che è circondata, come spesso abbiamo notato in Norvegia, da un cimitero, si staglia verso l'alto con la sua struttura piramidale e con i suoi sei piani di tetti spioventi, quasi fosse una pagoda costruita in occidente; al suo interno, non di certo concepito per contenere molte persone, sono davvero tante le decorazioni sulle pareti lignee ed è sorprendente il colonnato che ne circonda il perimetro. Il campanile è staccato di diversi metri dal corpo della chiesa. Visitiamo, accanto alla più nota Stavkirke, anche una ben più recente chiesa totalmente di legno, probabilmente adibita al culto protestante, il cui interno ci colpisce per i suoi colori rosa misti ad ocra, per la sua stufa in ghisa, per il suo splendido pulpito e l'organo perfettamente funzionante con tanto di leggio, luce e spartito.
Alle 16.35 partiamo alla volta di Flam, ripercorrendo a ritroso la E16. Nei pressi di Aurland ecco il tunnel più lungo al mondo: 25 Km tutti d'un fiato con la sorpresa, lungo il percorso quasi al buio, di alcuni ampi slarghi ben illuminati da luci blu-violetto.
Alle 17.35 parcheggiamo a Flam, vicino ad una nave da crociera. Scendiamo ed acquistiamo i biglietti A-R per il famosissimo trenino che dal centro del paesino conduce a Myrdal, lungo la linea ferroviaria Flamsbana, permettendo, in 20 Km, di superare un dislivello di quasi 900 metri (biglietto famiglia 800 NOK, 90.50 euro).
In carrozza, si parte!!!
Il percorso è davvero suggestivo e si apre a panorami su panorami, mentre il treno procede lungo una strada ferrata ininterrottamente in salita, come mai mi è capitato di vedere. Il treno entra ed esce di galleria in galleria, avvitandosi all'interno della montagna; Andrea scorge in uno dei vagoni del treno, che viaggia in discesa sull'altro binario nell'opposta direzione, i nostri amici di Catanzaro. Ad una delle stazioni che precedono il capolinea, proprio davanti una grande cascata, ci fanno scendere: l'effetto delle miriadi di goccioline sospese in aria, che sfocia in un arcobaleno distante da noi pochi metri, ci lascia senza fiato. Arriviamo a Myrdal: il viaggio è durato quasi un'ora. Il ritorno trascorrerà monotono, nell'attesa della stazione di Flam.
Non c'è dubbio che la Flamsbana presenti alcuni motivi d'interesse, per quanto la somma pagata per acquistare i biglietti ci sembri davvero spropositata; non c'è dubbio inoltre che vi è troppa enfasi turistica su questo trenino di montagna, che si rivela alla fine una ben riuscita operazione commerciale, come ad esempio noi italiani non sappiamo fare nel valorizzare il nostro ben più corposo patrimonio storico ed artistico.
Tutte le aree di sosta attorno a Flam sono proibite ai camper dalle h 2200 alle h 600, per cui ripariamo presso il campeggio locale, la cui reception (guarda caso!!!) chiude alle h 2300 (235 NOK, 26.50 euro, senza elettricità). Ci sistemiamo con difficoltà su uno scomodo terrazzamento. La giornata è finita.
Oggi percorsi 170 Km.


Mercoledì 15-7-09

Sono le h 10.30 e, dopo aver caricato e scaricato su un camper service molto comodo, lasciamo il campeggio, diretti verso Bergen attraverso la E16. Il cielo è annuvolato, ma la sorridente temperatura non ci proibisce ancora le maniche corte.
All'altezza di Gudvangen superiamo un tunnel di 11.5 Km. Prima di Voss la strada si dipana tortuosa e i limiti di velocità frustrano l'andatura. L'aria che si respira a Voss è quella di una cittadina in cui sono fiorenti le attività montane e gli sport sciistici. La E16 diviene più diretta; sono le 11.45 e abbiamo percorso 68 Km da Flam; il cielo è ancora splendidamente coperto. Incontriamo altre gallerie e favolose viste sul Veafjorden. Alle h 12.15 è pioggia, ma poi il sole saprà temporaneamente far valere i suoi effimeri tentativi di rivalsa.
Siamo arrivati a Bergen, ove è in vigore un sistema di pagamento di pedaggi che inizialmente non comprendiamo. L'asettica voce del Commodoro ha buon gioco nel condurci presso l'area di sosta (Damsgardsveien 100, N60°38.250 E005°31.611). Sono le h 13.30 e abbiamo percorso 165 Km. L'area di sosta è zeppa di camper; alcuni camperisti romagnoli ci vengono incontro, indicandoci l'unico posto rimasto che è purtroppo in salita ed è una vera delizia per il nostro mezzo di più di 7 metri. Mentre, muniti di cunei sempre troppo bassi, siamo affaccendati nel tentativo di mettere in piano la nostra casa a sei ruote, un compassato norvegese con baffetto da sparviero piomba su di noi a riscuotere il suo obolo di 340 NOK (38.40 euro per due notti senza elettricità). Il posteggiatore, su mia richiesta, mi parla della complessa modalità di pagamento del pedaggio per l'accesso a Bergen, per la cui comprensione sarebbe auspicabile una laurea tematica: un sistema di telecamere rileva il transito dei veicoli attraverso dei punti strategici appositamente indicati e subito dopo bisognerebbe pagare presso un benzinaio o una stazione di servizio; i norvegesi o i residenti sono ovviamente agevolati in quanto sono muniti di un sistema equiparabile al nostro telepass o, se sprovvisti, vengono contattati via mail per l'addebito; per i turisti, che notoriamente transitano solo poche volte attraverso le fatidiche porte, si tende a “chiudere un occhio”, anche in considerazione dell'esiguità della somma, per recuperare la quale sarebbe necessaria una spesa elevata. Rifletto sul fatto che ormai sarebbe per me complicato ricordare tutti i passaggi attraverso le forche caudine segnalate da un cartello con l'icona di una telecamera e fare ammenda non so presso quale stazione di servizio. Quando ci saremmo allontanati da Bergen avremmo avuto modo di renderci conto di quanto sarebbe stato complicato e dispendioso, in termini di tempo ed energie, doversi fermare di volta in volta per pagare fantomatici pedaggi in terra straniera, senza un interlocutore preposto in loco, in quei momenti in cui si impone la risoluzione di problemi più immediati come il seguire la giusta direzione di marcia attraverso complicate rotatorie in cui il timore di mettere a repentaglio l'incolumità dei propri familiari spinge ad una guida concentrata solamente sul traffico e volta a disimpegnarsi da esso in modo sicuro, immediato e senza altre distrazioni potenzialmente pericolose.
Sono le h 1400, un camper sta partendo! Un posto sul molo, proprio sul mare, si sta liberando: presto... togliamo i cunei... ci piazziamo noi in vece di quella famiglia, che in cuor nostro benediciamo. Adesso siamo decisamente messi meglio: la lunga coda di Superbrig sporge sul canale portuale sormontato dal ponte Puddefjordsbroen e, dall'oblò della cuccetta superiore, le acque sempre in movimento daranno la sensazione di essere passeggeri di un'imbarcazione che un abile nocchiero sta conducendo in un porto sicuro.
Sono le h 1500 e si scatena un acquazzone terrificante. Ritardiamo l'uscita alla scoperta di Bergen, mentre gli anziani ed imperterriti amici romagnoli sfidano Odino pluvio, muniti di impermeabili ed enormi e colorati ombrelli.
Alla fine anche noi usciamo bardati per l'occasione di cerate e pantaloni impermeabili. Raggiungiamo il centro di Bergen, che dista dall'area di sosta circa 2 Km, prima attraversando un sottopassaggio, in cui i soliti deturpanti graffiti fanno da cornice alla preoccupante presenza di alcuni loschi figuri apparentemente viventi, e poi percorrendo il lungo, alto e trafficato ponte sul Puddefjorden. Una gradinata ci conduce ad una piazzetta in cui ha sede il Sjofartsmuseum, il museo marittimo, sul cui portone d'ingresso, chiuso ormai per l'ora, troneggia una foto d'epoca raffigurante un equipaggio al completo su un sommergibile con la sovrascritta “Dykk!, Dykk!, Dykk!” (immersione!); sulla piazzetta inoltre, quasi fosse un monumento, si fa ammirare quella che realmente fu una torretta di un sommergibile. Subito dopo, lungo il cammino verso il centro, ci imbattiamo nella Johanneskirken, la chiesa più grande in Bergen per i suoi posti a sedere e con la torre più alta (61 metri), ma decisamente poco attraente per i nostri smaliziati occhi che devono fare i conti, in uno stile gotico-scopiazzato, con una facciata interamente in mattoni rossi, una meraviglia cromatica rispetto al verde sbiadito del tetto della torre campanaria; percorriamo una scoscesa e lunga scalinata che ci porta in basso nei pressi del centro. Un locale, il “Pasta central”, in cui probabilmente si possono consumare pasti a base di pizza, di spaghetti e di altre specialità italiane, con tanto di tendone tricolore all'ingresso, ci ricorda che il nostro paese, personaggi politici da teatrino a parte, è tenuto in qualche considerazione presso questa nazione.
Percorriamo la Torggaten e giungiamo presso la Ole Bulls Plass, una delle piazze più importanti in Bergen; alla nostra sinistra uno splendido palazzo in stile liberty, Den Nationale Scene, il primo teatro nazionale norvegese. Da lì al Torget, il celeberrimo e puzzolente mercato del pesce che sta chiudendo i battenti, e al Bryggen il passo è breve.
Non c'è foto turistica di Bergen che non privilegi varie inquadrature del Bryggen, gli antichi e colorati magazzini portuali in legno che, dopo varie vicissitudini in cui il fuoco fu il primattore nel distruggere quello che l'uomo aveva di volta in volta ricostruito, costituisce la principale attrazione della città. Ci aggiriamo tra vicoletti delimitati da pareti di legno, tra scalette che si inerpicano verso piani sopraelevati, tra negozi e negozietti che hanno il fascino d'altri tempi e in cui è sorprendente sentire dal gestore parlare l'italiano di un italiano, tra edifici i cui ipertrofici abbaini sono stanze sporgenti in avanti sull'atrio d'ingresso.
Incontriamo i nostri amici di Catanzaro, ci scambiamo ancora le nostre impressioni di viaggio, ma poi la pioggia decide che è arrivato il momento di salutarci per l'ultima volta.
Si è fatto tardi, Sofia e Andrea iniziano a protestare una stanchezza e una fame inderogabili: prendiamo la strada del ritorno per fermarci a saziare i nostri appetiti con i deliziosi menù del McDonald's, ove uno smemorato commesso esercita la suo veste ufficiale di dispensatore di prelibatezze e lo scrivente si cimenta con il suo consolidato ruolo di emulo di Fantozzi nel rifornirsi di ghiaccio da una macchina self-service, di cui non comprende il funzionamento.
L'infinito tramonto, visto dal molo su cui staziona il nostro camper, è stupendo; i cangianti colori contro la silhouette del ponte ci saziano molto più delle indigeste polpette del McDonald's.


Giovedì 16-7-09

Un gabbiano ci fa la sveglia posandosi sul tetto del nostro camper; ma la pioggia non è da meno con il suo continuo ticchettio; il cielo è plumbeo e poi arriva il consueto acquazzone a ritardare la nostra uscita su Bergen. Sono le h 1000 e ci avviamo, severamente ammoniti da un tempo variabile, attraverso il solito tragitto; percorriamo il sottopassaggio in apnea, sperando tanto di non fare brutti incontri -le insidie del lupo cattivo su cappuccetto rosso sono purtroppo una mera metafora di una realtà, che non vorremmo spiegare ai bambini-, poi la luce e il lungo ponte, ed infine di nuovo il centro. Visitiamo la Johanneskirke che a quest'ora è aperta: l'interno è decisamente più bello di quanto non prometta l'esterno: l'altare è adornato da un'icona sacra incastonata in una cornice di stampo gotico, le strutture di legno di sprecano, dalla volta, al pulpito, alle colonne delle navate laterali.
Passiamo ancora oggi dalla Ole Bulls Plass. In una libreria è esposto un libro a noi italiani ben noto: “Gomorrah, Italy's other mafia”. Arriviamo al Torget, il mercato del pesce, che visitiamo velocemente di bancarella in bancarella, una mano rigorosamente impegnata a turare il naso l'altra a stringere quella di uno dei nostri piccolini; sentiamo un commesso parlare in italiano; un chiosco vende specialità a base di carne di balena e, fortemente indignati, affinché non ci sentiamo colpevolmente partecipi di un turismo culinario che fomenta la caccia di animali in via di estinzione, ci allontaniamo, per la gioia dei bambini, diretti all'acquario (Bergen Akvariet). Percorriamo la Strandkaien e la Sundtsgate, lungo un braccio di mare che ci separa dal Bryggen; l'acquario è più lontano di quanto non pensassimo; ci sembra di essere arrivati, ma c'è sempre ancora un altro tratto di strada da fare, un'altra curva, un altro isolato, un'altra salita; ci viene in mente che avremmo fatto meglio a farci portare da un autobus urbano.
La fila alla cassa dell'acquario è breve ed ordinata; volendo si potrebbe entrare senza pagare (biglietto famiglia 500 NOK, 56.60 euro) ma, a queste latitudini - in cui i furbi non sono ad esempio periodicamente premiati da condoni fiscali-, un'idea del genere è ben lontana da qualsiasi struttura anatomica abbia il significato funzionale di anticamera del cervello. Una folta schiera di pinguini si espone in maniera sonnolenta ed indolente alle raffiche di scatti, mentre uno di essi, attraverso una superficie vetrata sulla parete della piscina, gioca allegramente con l'ombrello di Sofia. Si scendono scale e si passa ad osservare tutta una congerie di rettili, alligatori, coccodrilli che sembrano i fantasmi di creature che, nel loro habitat naturale, sarebbero stati temibili primattori e non sbiadite comparse accecate da improvvisati fotografi che non sanno o non vogliono disattivare il flash dei loro marchingegni. L'acquario ci ospita fino al pomeriggio e qui consumiamo il nostro pranzo a base di panini preparati stamane sul camper.
Sarebbe davvero lungo ritornare al centro confidando solamente sulle nostre gambe e sulla tolleranza dei bambini; un simpatico battello, poco più che un barcone coperto con pochi posti a sedere, ci porta dal molo del Vagen al Bryggen; gli adulti pagano 40 NOK (4.50 euro) e i bambini 20 NOK, ma il conduttore, un signore anziano ed estremamente corretto, ci restituisce la quota di Sofia, che sarebbe troppo piccola per gravare sulle finanze dei genitori (almeno in questa circostanza).
Si è fatto tardi e la maggior parte delle attrazioni di Bergen sta per chiudere. Sbrighiamoci...dobbiamo visitare il più possibile! E' la volta della torre di Rosenkrantz che risale al periodo rinascimentale e che, in quanto edificio di pietra tra gli edifici di legno del Bryggen, assume un significato ed un sapore particolare; paghiamo 80 NOK (9 euro, due adulti, gratis i due piccolini) e ci avventuriamo attraverso strette scalette che ci conducono su spoglie stanze, per lo più disposte lungo l'altezza della torre stessa, all'interno delle quali vorrebbero fare mostra di sé alcuni rimasugli di armi d'epoca; dall'alto ammiriamo la vista su Bergen e sul suo porto. Di corsa...dobbiamo scegliere tra la Hakonshallen e la Mariakirken: optiamo per la seconda. L'ingresso ci costa 40 NOK (due adulti): pare sia la chiesa più antica della città; bello è il suo pulpito barocco con bassorilievi in legno colorato e splendido è l'organo.
Non ci resta che far ritorno sulla nostra casa a 6 ruote; le ultime ore della giornata hanno il sapore dell'indomani che ci aspetta.



Venerdì 17-7-09


Oggi giorno inadatto a chi è superstizioso; ma non è il caso nostro.
Sono le ore 9.45 e ci apprestiamo a lasciare l'area di sosta, dopo aver caricato l'acqua. Chiedo al Commodoro che ci porti presso il più vicino centro commerciale e l'alto ufficiale addetto alla navigazione ubbidisce diligente. Il centro commerciale è grandissimo ma i clienti sono pochissimi; le molteplici corsie -”Navate d'abbondanza” per citare il Peter Gabriel di “Selling England by the pound”- sono spaziose, ma quasi del tutto prive dell'elemento umano che dovrebbe mettere mano al portafogli. Il silenzio è impressionante, come pure i prezzi che sono per lo più sovrapponibili -almeno per i generi essenziali- a quelli che ci tartassano nella nostra Italia degli stipendi dimezzati rispetto ai nostri omologhi colleghi europei, e della furbo-lestofantesca equazione 1 euro uguale 1000 lire. Redarguiamo i bambini, affinché rispettino il silenzio da Ognissanti e completiamo la tanto temuta operazione spesa in Norvegia. Sono le h 11.30 e ripartiamo dal centro commerciale, diretti al sud verso Stavanger, percorrendo i circa 200 Km della E39, la famigerata “strada dei ladri”, come è ormai conosciuta presso i camperisti di ogni dove.
Cominciamo “in bellezza” -si fa per dire- con lo spendere 543 NOK (61.40 euro) per traghettare da Halhjem a Sandvikvag. La traversata dura circa 30'; il tempo oggi ci fa dimenticare il suo cattivo volto, regalandoci l'azzurro del cielo e del mare del Bjomafjorden prima, e del canale delimitato dalle isole Reksteren e Hutfaroy poi.
Da questo momento cominceremo ad apprezzare una caratteristica del paesaggio di questa parte della Norvegia sud-occidentale: le coste delle isole, degli isolotti e delle pareti dei fiordi appaiono rocciose e punteggiate da una vegetazione più rada.
Paghiamo 85 NOK (9,60 euro) per il brivido del tunnel sottomarino che ci conduce da Langeland a Valevag, attraverso il Bomlafjorden; il tunnel è lungo 8 Km, costituito da 4 Km di una discesa del 9% -fino a 260 metri sotto il livello del mare-, e da una omologa risalita dagli Inferi. Ci fermiamo a Valevag, su una piazzola destinata alla sosta dei camper, per una pausa pranzereccia; fuori fa davvero caldo ed è la prima volta che ci vengono in mente certe giornate di maggio o di giugno della nostra Sicilia. Ripartiamo alle 15.23. Il paesaggio dalla E39, sempre spoglio e roccioso, interrotto talvolta da crateri riempiti da pozze d'acqua e da laghetti lunari, è molto particolare e attraente. All'altezza di Bokn passiamo su ponti, alcuni dei quali ci ricordano la Strada Atlantica, che collegano isolotti o lembi di costa. Sono le 16.25 ed eccoci pronti a pagare al gentile addetto al traghettamento da Arsvagen a Mortavika, sull'isola di Rennesoy, la cordiale somma di 438 NOK (49.50 euro). Il Boknafjorden è una pratica ormai chiusa e l'isola di Rennesoy si presenta ancora con il suo paesaggio roccioso interrotto da una vegetazione verde pastello. Affrontiamo un altro tunnel sottomarino, gratuito, di 4.4 Km, dalla notevole pendenza, che raggiunge una quota sotterranea di 133 m; all'uscita dal tunnel attraversiamo alcuni ponti a schiena d'asino, in un paesaggio sempre più brullo, sempre più ingiallito, che ci ricorda, vista la presenza di mucche libere a pascolare, quello ragusano. Ancora un tunnel sottomarino di 5.8 Km, anch'esso gratuito, dalla pendenza pazzesca, ci porta fino a 250 metri sotto il livello del mare e poi nei pressi di Randaberg; sono le 17.15 e siamo alle porte di Stavanger. Paghiamo 20 NOK (2,25 euro) come equo dazio per l'entrata in città. Alle h 17.40, dopo alcuni giri attraverso il centro, condotti dalla granitica logica del Commodoro, riusciamo a parcheggiare a pagamento presso il Norsk Oljemuseum, avveniristica testimonianza dell'importanza della scoperta del petrolio nel 1960 al largo della costa della città. Le molteplici attrazioni che offre Stavanger sono ancora più valorizzate dalla giornata di sole. Passeggiamo per le strade caratterizzate dalle case di legno in tinta bianca e dalle loro finestre a riquadri, lungo il porto, ove ritroviamo il vascello Gotheborg che alcuni giorni fa era ormeggiato ad Alesund. La presenza di turisti è discreta, per le vie, per le piazze, nei locali del porto, sulle numerose imbarcazioni all'ancora, alcune delle quali adibite solamente alla funzione di bar o ristorante. La Torre Valberg è situata su un colle da cui si gode una splendida vista sulla città vecchia; l'edificio ospita il Museo delle Guardie, ma quando arriviamo noi è chiuso: i Norvegesi sanno vivere ed evidentemente non ritengono che l'afinalistico affaccendamento ed efficientismo lavorativo, i demagogici slogans antifannulloni, gli editti volti a massacrare nel numero e nello spirito il personale della scuola servano a salvare economicamente la nazione, quanto piuttosto a mortificare la qualità di vita dei suoi cittadini e la qualità del lavoro stesso; la qualità dei servizi offerti.
Da visitare certamente è la medievale Domkirke, il duomo, splendido per la sua struttura in pietra e per il suo più tardivo pulpito in legno; ci sediamo per alcuni minuti e restiamo incantati all'ascolto delle prove di un concerto di musica barocca da parte di un organista ed un trombettista, malgrado quest'ultimo non lesini talvolta delle clamorose stecche.
Sono le h 20.00 e partiamo da Stavanger. Il nostro intento è posizionarci il più vicino possibile al punto di partenza del cammino che conduce al famosissimo Preikestolen, il pulpito che, con i suoi quasi 600 metri a picco sulle acque del Lysefjorden, è presente, in foto, in disegno, in spirito, su qualsiasi libro, rivista, articolo che anche lontanamente accenni turisticamente alla Norvegia: è un cammino di 3.8 Km lungo i saliscendi di un sentiero non del tutto facile; mi sento emozionato perché sarò io -o meglio, come vedremo, avrei dovuto essere io- ad affrontare da solo il percorso, lasciando Liliana e i bambini sul camper. Impostiamo il Commodoro affinché ci porti a Jorpeland, facendoci traghettare da Lauvikk a Oanes. Lungo la strada incontriamo nella direzione opposta tanti camper ed in cuor nostro li invidiamo perché siamo certi che già siano reduci dalla scarpinata del Preikestolen. Prendiamo al volo il traghetto, pagando 177 NOK (20 euro); il tragitto è assai breve e, subito dopo essere sbarcati, decidiamo di fermarci, insieme ad altri camper, alcuni dei quali italiani, presso un'area di sosta ben strutturata (N 58°54.679, E006°04.662). La serata è magnifica, non vi è un alito di vento; una bandiera norvegese pende inerte dall'asta di uno stabilimento balneare vicino; alcuni camperisti ammazzano il tempo pescando. E' davvero tutto magnifico. Percorsi oggi 250 Km.


Sabato 18-7-09

Un vento sferzante nella notte ci porta, al mattino, una pioggia battente; apro gli oscuranti della nostra casa ambulante per accorgermi che non c'è più traccia alcuna della splendida giornata estiva di ieri: il cielo è interamente grigio e delle nuvole basse stazionano in bassa quota, occludendo le cime montuose e trasformandosi in strati di nebbie, che limitano di molto la visibilità.
Facciamo colazione ed aspettiamo; anche gli altri camperisti aspettano. Alle h 12.30 decidiamo, ancora sotto una pioggia incessante, di andare comunque al parcheggio da cui si diparte il sentiero per il Preikestolen; sono pochi chilometri e, dopo aver lasciato la statale, una strada stretta si inerpica in stretti tornanti. Brutto segno: incontriamo i camperisti italiani, con cui abbiamo trascorso la notte, che tornano indietro. Il parcheggio al Preikestolen è semivuoto; alcuni temerari indossano delle scarpe da trekking per affrontare comunque il sentiero. Continua a piovere. Alla fine rinunciamo; rinuncio. Torniamo all'area di sosta presso Oanes, ove nel frattempo si sono riposizionati gli altri italiani. Dopo un fitto conciliabolo con Liliana, valutati i pro e i contro, considerato che le previsioni -almeno nel territorio del Preikestolen- davano pioggia per ancora diversi giorni, optiamo per un drastico cambiamento di programma; non ritorneremo su Oslo dall'interno percorrendo la regione del Telemark, come ci eravamo prefissi, ma continueremo il nostro viaggio, allungandolo chilometricamente di molto, lungo la costa sud-occidentale della Norvegia, puntanto su capo sud per poi risalire lungo la costa sud-orientale. In effetti saranno molti più chilometri, ma il miraggio del sud, del mare ci attrae e ci rende più sopportabile l'idea del cattivo tempo incombente. Ripartiamo alle h. 16.40, mentre gli altri italiani restano imperterriti fermi in attesa di tempi più propizi, magnetizzati dalla vicinanza del Preikestolen. Traghettiamo di nuovo presso Oanes, pagando -le tariffe evidentemente per i Norvegesi sono un'opinione- più di quanto non abbiamo pagato ieri pomeriggio. L'intensità della pioggia è davvero inaudita; le strade sono strette, l'andatura è lenta e gli 80 Km che ci separano da Egersund, a sud di Stavanger, sono interminabili .
Sono le 18.15, quando ci fermiamo su un parcheggio alle porte di Egersund (N 58°27.248, E006°00.150), adibito anche a stazione per i taxi. Piove, continua a piovere; ci tiene compagnia, di tanto in tanto, un suono esterno -una via di mezzo tra un campanello ed un buzzer-, che probabilmente è correlato con le chiamate ai taxi e una lontana e concitata voce altoparlantata di cui non riusciamo a comprendere la provenienza. Saluto attraverso i vetri una coppia di camperisti tedeschi fermi poco lontano da noi.
Arriveranno ancora due camper a condividere la nottata e la speranza di giornate meteorologicamente migliori.


Domenica 19-6-09

Sveglia alle h 7.45. Oggi è domenica e forse Odino e tutte le altre divinità dei Nibelunghi si sono ricordati che è il giorno del sole: almeno non piove, i raggi solari si intravedono a tratti attraverso la cortina di nubi. Notiamo che sul parcheggio, presso cui abbiamo pernottato, vi è anche l'ufficio turistico.
Fuori dalla nostra casa multiruote le persone sono un'entità immaginaria racchiusa in un guscio domenicale, laddove il deserto delle strade ci spinge ad accendere il motore con delicatezza e a ripartire con il minore rumore possibile, percorrendo le poche centinaia di metri che ci separano da un altro parcheggio al centro del paese. Lasciamo il camper e scendiamo; le persone che incontriamo sono davvero poche. Una pattuglia della polizia, attraverso i finestrini dell'auto, sorride ai nostri bambini; un ragazzino biondissimo porta a spasso il proprio cane; case e casette di legno, bianche, color ocra, rosate; scalette ed un paio di scarpe sulla porta d'ingresso. Anche la chiesa è di legno ed è aperta: vi entriamo in punta di piedi. Andrea e Sofia non fanno nulla per turbare quell'atmosfera ovattata, in cui il silenzio assoluto invita ad una riflessione su questo splendido ed inimmaginabile edificio religioso con due gallerie sovrapposte, con una serie di sedili dalla forma strana -quasi il profilo di un inestricabile labirinto visto dall'alto-, con un modello di un galeone a pendere dalla volta, con i lampadari dorati dalle molteplici braccia, con una grande sfera vuota racchiudente una grossa candela. Una signora sorridente e gentile si avvicina e mi porge un opuscolo illustrativo sulla storia della chiesa che risale al 1600 circa.
Riprende a piovere; sono le h 10.12 e ripartiamo diretti ancora più a sud, percorrendo la famosa strada panoramica Rv44, che è da consigliare vivamente a chi non sia tiranneggiato dalla fretta e dalla necessità di procedere lungo la più interna e più veloce E39. Siamo davvero sorpresi: avevamo sempre sentito parlare di Norvegia, di Capo Nord, di Preikestolen, di Strada Atlantica, di scala dei Trolls, di Strada delle Aquile, ma non avremmo mai immaginato di imbatterci in un percorso ancora più selvaggio, più spettacolare, più strabiliante; vorremmo fermarci ad ogni curva per scattare foto a lingue fiordali dalle acque piatte, su cui si affacciano case di legno dallo zoccolo di pietra e presso cui sono all'ancora piccole imbarcazioni da diporto, a laghi dalla vegetazione selvaggia e dalle pareti a zolle rocciose, a gole tra le pendici di montagne su cui insinuante corre una strada da batticuore, spesso stretta, ma percorsa davvero da pochi mezzi; il nostro Superbrig procede lento quasi ad impregnarsi di quei panorami di una bellezza soprannaturale, si ferma di tanto in tanto per consentire alle poche auto di superarlo ma poi continua detentore incontrastato della carreggiata. Scendiamo attraverso una strada che solca un'alta parete rocciosa e che si fa largo attraverso gotiche e strette gallerie dalla sagoma triangolare e dalle pareti di nuda roccia; da qui il panorama, mentre il camper affronta lentamente il pendio, è vertiginoso ed è un inaspettato regalo di questa giornata e di questo imprevisto ed improvvisato cambio di itinerario, condizionato dalla pioggia.
Giganteschi massi sembrano in equilibrio precario sul ciglio della strada, immaginari pericoli incombenti che ricordano ai bambini i maldestri tentativi di Willy il coyote.
Alle h 1200 attraversiamo l'abitato di Flekkefjord e poi un ponte brookliniano ci fa passare sul Fedafjorden. Alle 13.30 arriviamo a Lindesnes, il punto più a sud della Norvegia, il Capo Sud; il posto è molto suggestivo; si comincia ad intravedere il famoso faro ed un grande parcheggio sterrato lascia pochi dubbi a noi e ad altri camperisti su dove lasciare gratuitamente il nostro mezzo. Il paesaggio è tutt'intorno a zolle di rocce lisce frammiste ad interludi di verde; e il mare che fa da spettatore. Una tabella gialla con la scritta Nordkapp 2518 serve da monito a chi avesse ancora l'insana idea di percorrere tanti chilometri per arrivare al punto opposto di tanto paradiso terrestre. Si paga per entrare (50 NOK , 5.65 euro per adulto, bambini gratis); una ripida salita e numerosi gradini ci portano al faro, di metallo, bianco con la testa luminosa rossa; è anche possibile salire sul faro e ammirare il panorama da una passerella bucherellata che è una delizia per chi come me soffre di vertigini. Un belvedere circolare in cemento è anche fornito di un trespolo con cannocchiale per chi volesse ancora contribuire agli introiti turistici dei norvegesi.
Sono le h 1500 quando ripartiamo da Lindesnes, salutando il suo faro. Alle 17.30 passiamo, dopo un errore dietro l'altro del Commodoro, al quale rivolgiamo irripetibili improperi, da Mandal che ci sembra una località balnerare e turistica, anche se decidiamo di non fermarci.
Subito dopo paghiamo 10 NOK (1.10 euro) per l'accesso a Kristiansand, città portuale, la cui pianta squadrata, con vie perfettamente rettilinee e tra loro perpendicolari, percorriamo per lungo e largo, alla ricerca di un parcheggio per camper che si dimostra invece inesistente; sostiamo inizialmente su un molo turistico ma dopo, munito di dizionario norvegese, mi rendo conto che si tratta di un'area privata e che solo l'innata educazione e discrezione ha impedito ai norvegesi di saggiare su di noi la consistenza della punta delle loro scarpe; ripartiamo con i nostri giri turistici, noncuranti dell'esile mole del nostro mezzo, alla ricerca di un'area di sosta che troviamo, insieme ad altri camper tedeschi e belgi, presso la stazione ferroviaria, davanti al molo d'imbarco della Colorline; scendo e sono tentato di chiedere agli uffici se c'è posto sul primo traghetto per la Danimarca, ma poi prevale l'idea del viaggio da vivere chilometro dopo chilometro, secondo la filosofia dell'”abitar viaggiando” e così decidiamo di risalire la costa sud-orientale della Norvegia, fino ad Oslo e poi di ridiscendere dalla Svezia, per la strada che avevamo percorso all'andata; saranno tanti chilometri in più ma non è il tempo quello che ci manca. Anche il tempo meteorologico ci fa l'occhiolino e ci invita a fermarci di più in questa splendida parte della Norvegia, che, come i Sud di diverse nazioni europee, sa di sole, di vele, di mare.
Decidiamo di scendere e di fare una passeggiata per le vie di Kristiansand. Qui i gabbiani, più che in altre parti della Norvegia, fanno sentire le loro acute grida, a tal punto da costringerci a parlare più forte. Il centro è molto accogliente, i viali sono molto ampi e le piazze sono grandi, come ad esempio quella su cui insiste la cattedrale, in stile neogotico, la terza chiesa norvegese per dimensioni (1800 posti a sedere).
Sono le h 2200, come ci suggeriscono i nostri orologi, ma non la luce del sole ed il cielo ancora azzurro e limpido.
Ritorniamo sul camper e ci spostiamo dal rumoroso parcheggio della stazione, da cui gli altri camper si stanno avviando verso l'imbarco, alla ricerca di un campeggio, ma, subito dopo, ci fermiamo su una via cieca che costeggia il canale Otra, insieme ad un altro camper norvegese (N58°08.728 E008°00.700) e qui trascorreremo la notte. Oggi abbiamo percorso 250 Km. La notte inizia a calare, i giochi di luci ed ombre sulla sponda opposta del canale sono spettacolari, come pure le imbarcazioni che di tanto in tanto lo solcano in religioso silenzio, mentre i gabbiani continuano a far sentire la loro stridula presenza.


lunedì 20-7-09


Rumori di auto nel corso della notte; qualche preoccupazione in un posto un pò defilato, ma poi tranquillità conciliata alla vista, attraverso il finestrino della mia cuccetta, di una pattuglia della polizia che sorveglia. Passi nella notte: è un ragazzo, curvo sotto il peso del suo zaino, che si mette a dormire poco lontano da noi, avvolto nel suo sacco a pelo.
Il mattino è splendido, l'aria è frizzante, ma non fa freddo; sono arrivati molti altri camper; il ragazzo sta sistemando le sue cose e si sta dedicando alle sue abluzioni.
Mettiamo in moto diretti, prima di lasciare Kristiansand, verso la vicina fortezza (Christiansholm Festining); parcheggiamo di fronte sulla Strandepromenaden e scendiamo.
La fortezza ha una struttura circolare e sono molto caratteristici i cannoni, disposti su un piazzale, ormai a sorridere verso il mare e verso il porto orientale, illuminato dagli alberi delle molteplici barche a vela.
Verso le h 10.00, imboccando la E39, ripartiamo alla volta di Lyngor, un paese da fiaba di cui abbiamo letto un gran bene su una nota rivista per addetti ai lavori di camperaggio.
All'altezza di Grimstad paghiamo all'omino un pedaggio di 25 NOK (2.8 euro) e poi usufruiamo di un camper service gratuito presso un benzianaio sulla E39 (N58°20.512 E008°34.121).
Sono le h 11.45 e siamo a circa 30 Km da Lingor, ma il Commodoro si rifiuta di portarci presso questa località, che probabilmente non ha nei suoi bytes di memoria. Utilizziamo la cartina della Kummerly+Frey e cerchiamo di imboccare, alla volta di Lyngor, la 411, che si rivela ben presto uno strettissimo budello; vorremmo tornare indietro, ma ormai è troppo tardi: dietro di noi c'è una discreta fila di auto, che pazienti e comprensive, aspettano che andiamo avanti; esistono di tanto in tanto delle piazzole di scambio, ma non è una bella prospettiva percorrere i 14 chilometri di una strada costellata da spuntoni rocciosi, da strettoie attraverso cui passare al millimetro, pregando a mani giunte di non incrociare un altro mezzo; la tensione è tanta, ma alla fine Lyngor non è più un miraggio. Non sarebbe stato male se, nella nota rivista, oltre alle magnificazioni sulle bellezze del luogo, si fosse fatta menzione alle difficoltà che la strada avrebbe presentato ai malcapitati possessori di un veicolo ricreazionale, a cui la rivista stessa peraltro è espressamente rivolta. Tuttavia è anche doveroso rimarcare come la strada da batticuore ci sia parsa un giusto obolo per godere di un'esperienza difficilmente realizzabile in altro modo. Lyngor vinse nel 1991 il titolo di “villaggio ideale d'Europa” e crediamo che ne abbia ben donde. Sistemiamo con difficoltà il nostro mezzo ai lati di un piazzale, ove i parcheggi sono privati, anche se nessuno sembrava voler protestare ad un nostro iniziale tentativo di sosta sulla banchina riservata ai membri di un club nautico o ai residenti. Lyngor è una piccola comunità costituita da alcuni isolotti collegati da pittoreschi ponti di legno da percorrere a piedi, tra case di legno, che potrebbero far da scenario ad una fiaba di Andersen, tra pontili ove sono all'ancora imbarcazioni di tutti i tipi, con le quali gli abitanti raggiungono le loro dimore allocate sugli isolotti; dei bambini pescano distesi a pancia in giù su un ponte di legno, utilizzando una rete che sembra quella da mortadella, e suscitando l'attenta curiosità di Sofia e Andrea. Un papà, con la bandiera della Norvegia stampata sulla maglietta, porta a spasso i suoi bambini, muniti di giubbotto-salvagente, su una piccola barca a remi. Le parole non possono descrivere quello che gli occhi e gli altri sensi hanno percepito.
Al ritorno dalla nostra incredibile passeggiata, pranziamo sul nostro camper, che poi è pronto ad affrontare la strada da tachicardia e da extrasistolia del ritorno; alle h 15.39 siamo fuori dal budello e possiamo commentare, con la serenità che deriva dai pericoli ormai trascorsi, questa straordinaria esperienza.
Ci dirigiamo verso Risor che è poco più a nord di Lyngor e sostiamo in un parcheggio a pagamento all'ingresso del paese. Si tratta di una località balneare, caratterizzata dalle sue case per lo più bianche, dal porto turistico e dalle strade del centro animate da una discreta folla di turisti e di norvegesi che qui trascorrono le loro ferie estive. Siamo in un'altra Norvegia, quella del sud, delle case di legno bianco, delle coste e dei porticcioli, ove trovano asilo non imbarcazioni di pescatori, ma gli alberi tesi verso il cielo di barche a vela di un popolo di amatori del diporto, e ove il sole dispensa i suoi servigi, magari rifiutandoli alle regioni poste più a nord.
Alle 1700 ripartiamo da Risor, percorrendo la E18, finchè ci fermiamo per trascorrere la notte sull'area di sosta di Ramsun (N59°14.999 E010°17.229), alberata, tranquilla, dotata di bar; dietro di noi si ferma, anche per trascorrere la notte e di ritorno verso l'Italia, un simpatico camperista di Milano, con moglie e nipote al seguito: scambiamo quattro accalorate chiacchiere fuori, bersagli di zanzare dalle vampiresche dimensioni, su argomenti inevitabili per chi, durante il suo viaggio, è stato oggetto dell'ovvia ironia di stranieri, a cui non è sfuggita l'anomala situazione politica italiana e la riprovevole difesa di interessi economici privati e personali che ne caratterizza gli indirizzi; in particolare concordiamo sul fatto che risulta davvero deprimente essere di volta in volta identificati e tacciati sempre con un certo nome, come se il DNA di tutti noi italiani avesse subito una fatale mutazione nei geni che codificano per l'onestà e la rettitudine.
Siamo a 70 Km a sud da Drammen, città alle porte di Oslo, e oggi abbiamo percorso 288 Km.


martedì 21-7-09


Ripartiamo dall'area di sosta alle h. 9.30. Usciamo dalla E18 pochi chilometri prima di Drammen e poi prendiamo la 282 in direzione di Drobak. Ci siamo lasciati alle spalle Oslo. Percorriamo un tunnel sottomarino che ci costa 55 NOK (6.20 euro) e poi, alla frontiera con la Svezia, paghiamo un pedaggio di 24 SEK (1.90 euro).
Oggi percorreremo la E6, lungo la costa sud-occidentale della Svezia, tiranneggiati da un vento fortissimo che piega le cime degli alberi lungo la strada e che talvolta sposta anche di qualche metro lateralmente il camper; la nostra andatura è lenta, attenta e si resta pronti a correggere le deviazioni che il vento impone al nostro mezzo. Mi fermo per irrigidire le sospensioni pneumatiche e mi accorgo che si guadagna qualcosa in stabilità. Sono ore di tensione e alla fine, in tarda serata, ci fermiamo, dopo aver percorso oggi 580 Km, equamente suddivisi fra me e Liliana -a cui evidentemente i rappresentanti di Eolo in terra svedese creano meno patemi d'animo-, presso la splendida area di sosta Erikslund (N56°11.637 E012°51.221), a nord di Malmo, a circa 115 Km dal famoso ponte sull'Oresund. E' davvero la più bella area di sosta gratuita che lungo un'autostrada abbiamo mai incontrato: avvolta nel verde, piazzole di sosta con manto d'erba, tutto equiparabile ad un campeggio a tante stelle, quante ne ha la bandiera degli USA; e anche gli altri camperisti fermi sembrano apprezzare il regalo che gli ordinati svedesi ci fanno.


mercoledì 22-7-09

Si parte. Arriviamo alle h 11.11 sul famosissimo ponte sull'Oresund che collega, con i suoi 16 Km, Malmo a Copenaghen, cioè la Svezia con la Danimarca. Il pedaggio riservato agli sfortunati possessori di un mezzo sopra i 6 metri è di 790 SEK (74.60 euro). Percorriamo il ponte a bassa velocità per goderci il panorama marino sul canale dell'Oresund e l'opera di alta ingegneria, che accoglie peraltro sotto di noi la linea ferroviaria, e per consentire sia a Liliana che ad Andrea di scattare raffiche di foto. Dopo il ponte ci attende un tunnel e poi ci accorgiamo di essere in Danimarca, a Copenaghen; alle h 11.45 arriviamo, grazie al buon lavoro del Commodoro, presso il City Camp (in Vabysgade, vicino al centro commerciale Fisketorvet, N55°39'3253 E12°33'2827, tel +45 21425384); il gestore del parcheggio per camper, dotato di camper service, di bagni e docce, è molto gentile, parla italiano e fornisce una piantina turistica di Copenaghen con tutte le indicazioni utili su come muoversi in città; gli paghiamo per una giornata -fino alle h 2000 dell'indomani- 225 DKK (30.80 euro). Oggi percorsi 111 Km.
Dopo aver pranzato, ci avviamo alla vicina fermata del battello (linea blu), che è nei pressi dell'entrata del centro commerciale Fisketorvet, battello che consente di fare un tour di circa 75' lungo i canali che solcano i quartieri più suggestivi della città. I biglietti ci costano complessivamente 140 DKK (19.70 euro) e sono valevoli per un solo giro (salita a Fisketorvet e ridiscesa alla medesima fermata dopo 75'). Un simpatico e giovane bigliettaio, che avremo modo di incontrare anche l'indomani e che non mancherà di rivolgerci di volta in volta qualche allegra battuta o un cordiale saluto, ci accoglie nel suo basso e semicoperto battello, ove prendono posto anche alcuni anziani camperisti fiorentini, a cui mi tocca di far da traduttore, vista la loro pretesa di esporre velocemente in toscano le loro complicate richieste, come se fossero sulle rive dell'Arno.
Il tempo è instabile e presto è pioggia, oggi come nei tanti altri giorni di questo viaggio. Ci copriamo con le nostre cerate di plastica colorata, suscitando l'ilarità di un ragazzino che se ne sta al coperto all'interno della cabina. L'andatura del battello è lenta e la vista dei tanti edifici che popolano i canali di Copenaghen è magnifica; un'anziana turista americana non lesina i suoi “pretty!”, indicando platealmente le attrattive visive che il tour offre; anche il bigliettaio, munito di microfono, indica per nome ora palazzi, ora quartieri storici e di rilievo turistico della città. Passiamo attraverso bassi ponti, talvolta tanto bassi da dover chinare il capo. Ci dirigiamo verso la storica Gammel Strand lungo uno stretto canale che si incunea a forma di U, permettendoci di godere della vista del Christiansborg Palace, sede del parlamento, della Corte Suprema e degli Uffici del Governo. Poi è la volta di Nyhavn, quartiere famoso per i suoi bar, locali, case colorate e perchè qui abitarono alcuni personaggi famosi, come il novelliere Andersen. Passiamo poi per un canale che ci conduce nei pressi del quartiere di Christiania, in cui qualcuno sussurra che sia consentita qualsiasi cosa, anche la vendita di hashish, ma che ospita atelier di artisti ed altri luoghi di spettacolo. Passiamo dal Mariott Hotel e poi scendiamo al punto di partenza, che è il capolinea del tour, salutando il simpatico bigliettaio che cerca di ricambiare in italiano. Facciamo un giro nel grande e colorato centro commerciale Fisketorvet, in cui tutto sprizza allegria, ma le persone mantengono sempre una compassata compostezza. Presso un negozio di giocattoli compriamo ad Andrea uno strano disco che, dopo lanciato, si trasforma in palla; a Sofia una sorta di palla su cui salire in piedi e saltare sostenendosi ad un manubrio. I bambini sono felici; torniamo sul camper, posiamo gli acquisti, ma poi decidiamo di uscire per raggiungere a piedi la zona del Tivoli. Percorriamo più di un chilometro per arrivare alla stazione ferroviaria centrale; vicino è l'ufficio turistico, dove facciamo un salto; di fronte è il Tivoli, un grandioso parco divertimenti di cui da fuori si intravedono alcune attrattive, come ad esempio una vertiginosa giostra, in cui gli occupanti sembrano dei personaggi lillipuziani proiettati in alto. I bambini capiscono che a quell'ora ormai tarda non sarebbe stato più il caso di spendere una somma non indifferente per l'entrata e non azzardano alcuna richiesta.
Per il ritorno prendiamo un urbano ed una corsa ci costa a testa 10.50 DKK (1.45 euro). Siamo di nuovo sul camper; intorno tanti altri camper italiani parcheggiati; li invidiamo un pò perchè il loro viaggio è all'inizio. Fuori fa proprio freddo; la luce esterna è ormai assai fioca; facciamo una doccia calda, c'è n'era proprio bisogno.


Giovedì 23-7-09

Sono le h. 9.40 e sta piovendo a dirotto all'imbarco del battello che arriva subito dopo; il bigliettaio di ieri ci accoglie calorosamente; sorride, quando gli faccio notare scherzando che oggi la sua imbarcazione è totalmente aperta; siamo in pochi e prima di sedere asciugano alla meglio i sedili, mentre noi affidiamo alle nostre cerate e ai nostri ombrelli il ruolo di baluardi contro le furie di Odino pluvio. Compriamo un biglietto giornaliero che ci consentirà di salire e scendere liberamente da tutte le linee di navigazione lungo il canale di Copenaghen: il biglietto famiglia fa 160 DKK (22 euro).
Durante il tragitto la pioggia allenta la sua morsa e il sole fa una riluttante comparsa. Scendiamo alla fermata della Gammel Strand, davanti al palazzo del parlamento, e decidiamo di raggiungere il quartiere di Nyhavn a piedi; siamo sul molo, l'imbarcazione riparte con il suo carico di turisti e da lontano il bigliettaio fa ampi cenni di saluto rivolti verso di noi. Ci avviamo e subito dopo incontriamo la Nikolaj Plads che ha tutto l'aspetto di una chiesa con tanto di campanile, ma che di fatto è il Centro d'Arte Contemporanea. Sbagliamo direzione, complice una piantina poco chiara, e ci troviamo davanti al palazzo della Stock Excange, sede della borsa, molto caratteristico ed imponente nel suo stile rinascimentale olandese del seicento, con la sua torre puntuta, caratterizzata dall'intreccio delle code di quattro dragoni, e con i suoi grandiosi abbaini. Veniamo reindirizzati da un gentile passante e incontriamo nel nostro cammino, dopo essere passati attraverso un caratteristico arco, la cui volta è dipinta con motivi classicheggianti, il teatro reale, e finalmente il quartiere di Nyhavn. Ci sediamo su una panchina per gustarci i nostri toasts preparati sul camper. Innanzi a noi la folla di turisti è notevole; una giovane giapponese mi chiede di scattare una foto a lei e al suo bambino. Una ragazza saltimbanco sta facendo i preparativi per uno spettacolo che improvviserà di lì a poco, ma noi preferiamo una passeggiata per le pittoresche strade che costeggiano il canale, con le loro case colorate, con i molteplici locali, con la moltitudine plurirazziale, con le tante barche ancorate in cui è possibile prendere il sole (si fa per dire), esibirsi in una manutenzione delle vele e degli alberi, far finta di pranzare con ostentato distacco come si fosse in un deserto atollo dei Mari del Sud. E' arrivato il momento di salire sul battello della linea verde che ci porterà alla statua della Sirenetta; su questa imbarcazione il bigliettaio è in gonnella -anzi in bermuda-, ha l'aspetto fisico possente dei discendenti dei vichinghi e addenta con soddisfazione un peperone verde crudo. Una delle fermate del battello è presso l'edificio avveniristico che ospita il Teatro dell'Opera Nazionale di Danimarca. Dal canale possiamo anche vedere l'Amalienborg, il palazzo reale danese, e, sullo sfondo, la cupola della chiesa Marble. Scendiamo alla fermata che, dopo pochi passi, ci permette di arrivare alla Sirenetta, superinsignificante, superfotografata, superaffollata di persone che vogliono essere immortalate nelle più svariate pose, con il sorriso stereotipato di tutte le lingue e con il sottinteso fumetto recitante la magica frase “c'ero anch'io”. Una rapida visita alla chiesa di St. Alban, in cui una ragazza cerca di intenerirci illustrandoci le difficoltà finanziarie della chiesa anglicana in terra straniera; una serie di foto alla fontana di Gefion che qualcuno pretende di paragonare alla fontana di Trevi di Roma, ma che comunque rappresenta un monumento importante della città; e poi di nuovo sul battello della linea verde, con la vichinga campionessa di lancio del martello ad illustrare al microfono le bellezze che si possono ammirare lungo il canale; il battello ci porta alla fortezza Trekroner con il suo faro che spicca tra le mura e poi ancora indietro fino a farci nuovamente scendere a Nyhavn, ove troviamo la coincidenza dell'altro battello della linea blu che ci porterà a Fisketorvet. Sono gli ultimi minuti che ci gustiamo in questa splendida e romantica città, vera Venezia del nord, molto più di Amsterdam. Il giovane bigliettaio di ieri, di stamane, ci aiuta a scendere e mi chiede quando saremmo partiti da Copenaghen. Gli rispondo che partiremo fra pochi minuti, ma poi la mia timidezza e le persone sulla passerella dietro di me mi impediscono di complimentarmi per la sua gentilezza e per la sua cordialità.
Siamo nuovamente sul camper in assetto di partenza. Piove forte e percorriamo con circospezione i 100 Km che ci separano dall'area di sosta di Faro Bogo, di cui abbiamo letto un gran bene su altri diari di viaggio camperistici, e ove arriviamo alle h 18.30. I camper parcheggiati o che stanno arrivando sono davvero tanti. La pioggia continua, il vento sferza l'isolotto che ci ospita. La luce cala, mentre sul camper francese accanto una famiglia gioca a carte a lume di candela (le vie del risparmio e del rischio sono infinite).



Venerdì 24-7-09

Partenza dall'isolotto alle 9.45 dopo una nottata di pioggia battente. Dopo 58 Km siamo all'imbarco di Rodby, ove paghiamo allegramente 705 DKK (96 euro). Sul traghetto spendiamo le monete in valuta danese che ci sono avanzate, in quanto non ci sarebbero state rimborsate dalla nostra banca. Alle 11.45 siamo a Puttgarden, in Germania, nel pianeta Euro. Nei pressi di Amburgo rallentamenti. Prima di Hannover il vento rivaleggia in intensità con la pioggia. Alle h 20.06, dopo aver percorso oggi 500 Km, ci fermiamo presso l'area di sosta per camper di Kassel (via Am Sportzentrum, N51°17.490 E009°29.223); il sole è tornato e fa luccicare per l'ultima volta le mie sette monete da un euro che finiscono all'interno del parchimetro; Sofia, Andrea e il loro papà si divertono con i giocattoli acquistati a Copenaghen, sotto gli occhi sorridenti dei due attempati coniugi olandesi occupanti il camper accanto, vicini di casa per una notte.


Sabato 25-7-09

Partenza alle h 10.00. Il tempo è variabile, ma spesso la pioggia e il vento hanno il sopravvento sugli squarci di sereno. Alle h 1200 abbiamo percorso solamente 121 Km. Alle h 1900, dopo una lunga coda alle porte della città, siamo fermi presso l'area di sosta di Lindau, che ci aveva ben impressionato all'andata (N47°33490 E009°42033); sono molti i camper italiani e da uno accanto al nostro giungono le veementi urla di una moglie che sgrida il marito per aver sbattuto la porta del mezzo; saranno arrabbiati, ma li invidiamo perché il loro viaggio è all'inizio. Il nostro volge al termine. Oggi percorsi 500 Km.


Domenica 26-7-09

Si parte da Lindau alle h 900. A Bregenz faccio il pieno e il gasolio mi costa un euro al litro. Alle h 13.20 siamo alla dogana di Chiasso e alle h 1600 -la distanza chilometrica è maggiore di quanto la semplice “v” non faccia pensare- arriviamo finalmente a Chivasso, nostra patria adottiva. Oggi percorsi 415 Km.


Considerazioni finali

Che dire di questo viaggio? Abbiamo percorso 6819 Km. E' stato il viaggio più lungo finora da noi fatto in camper ed anche il più costoso. Il tempo meteorologico non è stato dalla nostra parte e spesso ci ha ostacolato nei nostri programmi, come la mia clamorosa rinuncia alla scalata del Preikestolen.
Tuttavia resterà per sempre nella nostra memoria.
Le emozioni sono davvero state tante ed è stato fantastico condividerle l'uno con l'altro, insieme tutti i giorni; sono tante le immagini che ci portiamo dentro, vissute attraverso gli occhi appannati dell'ultraquarantenne e quelli stupiti e ricettivi dei bambini: Andrea con la sua macchina fotografica e le sue migliaia di fotografie, Sofia con le sue molteplici domande che si aprono alla vita.
Questo viaggio è l'ennesima dimostrazione -se ce ne fosse bisogno- che l'essere in cammino è ben più importante che raggiungere la meta; e l'essere in viaggio in camper conserva il fascino, ancora più particolare, di essere con la propria casa oggi a Copenaghen, domani ad Oslo, apprezzando giorno dopo giorno quel grande senso di libertà che solo l'abitar viaggiando può dare.


Testo: Aldo Nocchiero
foto: Andrea e Aldo Nocchiero
mail: superbrig05@yahoo.it




















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